Una chiesa
“Per chi suona la campana” è un romanzo dello scrittore statunitense Ernest Hemingway che risale al 1940. Il titolo deriva da un famoso sermone del poeta inglese John Donne, secondo il quale “nessun uomo è un'isola”, vale a dire nessuno di noi può considerarsi indipendente dal resto dell’umanità.
Ed è vero!
Tutti, infatti, che lo vogliamo o no, siamo uniti e coinvolti nel destino, bello o brutto, di questo pianeta sul quale viviamo. Quindi, ogni volta che “la campana suona” (a martello, o a festa), essa suona anche per ciascuno di noi. Vi chiederete forse dove voglia andare a finire con questa mia introduzione...
È ormai da diversi mesi che il numero dei funerali nella nostra comunità supera quello dei battesimi. È vero: la fede cristiana ci insegna che chi muore “nasce” alla vita eterna e abita finalmente in Dio. Quindi, anche il morire sarebbe in un certo senso un’altra nascita… Mi chiedo però da tempo per chi suona questo requiem: per il defunto che è nato a miglior vita, oppure… per noi che restiamo?
Mi spiego. Non guardo mai né al numero, né al passaporto dei molti che frequentano le liturgie di Missione. Non mi riferisco nemmeno ai nostri preziosi gruppi di volontariato, che reggono ancora bene nonostante qualche problema di ricambio.
Non mi rivolgo neanche a molte giovani famiglie (seconda e terza generazione), le quali, nonostante parlino benissimo il dialetto locale, chiedono i servizi religiosi (battesimo, cresima, matrimonio…) in italiano, e pare facciano fatica ad impegnarsi nella comunità, nella parrocchia, nella politica, nel sociale…Troppo stanchi? Troppo stressati? Troppo delusi? Troppo…? E infine non voglio nemmeno riferirmi al cospicuo numero di Eucaristie bilingue che celebriamo con gioia e che riscuotono simpatia grazie alla cordialità del dopo-messa, quando svizzeri e italiani condividono insieme l’aperitivo preparato dai volontari della Missione.
Quello che sento dentro il rintocco a lutto della campana è la decadenza, la fine, la disfatta, la morte di un modello di comunità, di missione, di parrocchia basato sulla continuità, sulla frequenza, sul percorrere settimana dopo settimana un pezzo di strada insieme… Ne sta nascendo uno nuovo. Anzi, è già nato! Migliore o peggiore, non lo so. Mi pare però che stiamo diventando sempre più “la chiesa delle manifestazioni, degli eventi, delle occasioni”. Festa della mamma, San Nicolao, Natale, Pasqua, Battesimo, Funerale, Prima Comunione: episodi, incontri, giornate decise da fattori esterni e non da un percorso continuativo, assiduo, atteso. Si coglie l’attimo, il momento, la celebrazione, la festa, l’emozione e poi si sparisce fino al prossimo grande raduno segnato in agenda.
È come se si vivesse una fede “a singhiozzo”. Si dice che siamo diventati “mobili”, che ci si può spostare con più velocità e facilità, e che di conseguenza c’è gente che frequenta la Messa domenicale un po’ qua e un po’ là, dove capita. Si dice che la parrocchia vera è dove abita il cuore e non dove c’è l’archivio dei documenti di battesimo, cresima e matrimonio... Tutto vero e sacrosanto, ma se dovessimo applicare questi esempi alla vita familiare e domestica ci ritroveremmo forse prima o poi in crisi di identità, con nuclei familiari disintegrati, senza sapere più dove sia la vera abitazione, satelliti che ruotano a vuoto attorno a un pianeta che non c’è.
Questa, mi pare, sia l’aria che si respiri a volte nelle nostre comunità. Questo modello nuovo di chiesa non sta forse perdendo per strada il senso di appartenenza ad una comunità ed il suo vivere un cammino di condivisione, di amicizia, di scambio, di fraternità, di continuità, di frequenza, di cuori…? Che fare? Non ho la ricetta in tasca. Ma insieme possiamo iniziare a unire i nostri animi, le nostre idee, intenzioni, ideali, progetti, sogni, esperienze, imperfezioni… È così che è nata la Chiesa: attorno a dei pescatori inesperti di teologia e di pastorale, ma disponibili a lasciarsi cambiare il cuore dall’amore di Gesù e a scommettere sulla condivisione tra loro e col Maestro.
Vogliamo far suonare le nostre campane a festa?
Angelo Saporiti