Da Chiesa senza migranti a evangelizzazione attraverso migranti


 Da una Chiesa senza i migranti, a una evangelizzazione attraverso i migranti

a cura di José Da Silva Directeur Service National - Paris

 Prendendo la parola qui come direttore nazionale della Pastorale dei Migranti in Francia, vorrei attirare l'attenzione su due cose :

La prima . sono un immigrato portoghese in Francia da 28 anni , sono laico, sposato, a servizio della missione della Chiesa che è in Francia. Non sono quindi francese , e ciò che dico è certamente segnato dal mio modo portoghese di esistere.

La seconda ciò che vi dirò non è la verità assoluta sulla "solidarietà e la comunione" con i migranti. Esprimerà quindi con molta modestia alcune tappe di una storia, cosciente che tutti noi siamo sempre in ricerca, insieme, attenti alla vita delle comunità immigrate, in un Paese che, da due secoli, si costruisce con gli immigrati.

Milioni di uomini e di donne sono venuti in Francia perché avevano bisogno di libertà o di lavoro per vivere, ma sono venuti soprattutto perché la Francia aveva bisogno di loro per svilupparsi economicmente e demograficamente.

Oggi, più di quattordici milioni di Francesi sono immigrati naturalizzati, oppure :figli o figli dei figli di immigrati. Bisogna poi aggiungere quasi quattro milioni di stranieri che non sono per ciò stesso francesi. Parlare di solidarietà, sparsa a larghe mani dalla Chiesa insieme ai migranti ; parlare della comunione che si rivela nella Chiesa, esige di tener conto della storia di un popolo e di un Paese nei quali la Chiesa fonda la sua missione.

Per essere breve, parlerò di quattro tappe di. questa storia della Chiesa, stimolata e interpretata dai migranti.
Si tratta di guardare e dire in che modo la Chiesa che è in Francia è stata, è, non è stata o non è la Chiesa di Gesù Cristo, in questo Paese, assieme ai migranti.

Queste quattro tappe non si sono succedute in maniera netta e perentoria. Non si è ancora terminata 1'una, che bisogna iniziare l'altra. Oggi ci sono ancora resti della prima tappa, anche se siamo già nella quarta.

Le quattro tappe
1. Chiesa SENZA i migranti
L'immigrazione era considerata di passaggio. Gli immigrati erano là per pochi anni. Ritornavano 'presto' nei loro paesi per raggiungere la famiglia.
Erano troppo diversi, si diceva, e non erano assimilabili', si diceva. Si ricordano gli insulti contro gli Italiani e i Polacchi, considerati come crumiri durante gli scioperi, ladri del lavoro e del pane dei Francesi.
L'atteggiamento della Chiesa era di preservare la loro fede e i costumi, in vista di un ritorno nel loro Paese. Li accompagnavano preti, religiosi e religiose delle Chiese di partenza. Gli orientamenti pastorali della Chiesa erano quelli della "Exul familia " (1952).
Così con le prime generazioni di immigrati si sono costituite comunità solide a livello di riferimenti nazionali e culturali, rivolte verso il Paese d'origine, come se le persone non l'avessero mai lasciato.
Queste comunità, tagliate fuori il più delle volte dalla società francese e anche dalla Chiesa locale, hanno tuttavia favorito la trasmissione della fede; hanno favorito che nomini e donne vivessero, avessero dei punti di riferimento, potessero farsi largo in una società loro ostile o indifferente.
La Chiesa locale - quella di Francia - non si sentiva, nel suo insieme, interessata da quei migranti, i quali di fatto erano dei fedeli di Chiese straniere, accompagnati da preti rappresentanti di Chiese straniere.
 
2. Chiesa PER i migranti
I migranti si insediano, perché decidono di restare.
I loro progetti di vita cambiano. Fanno arrivare moglie e figli. I bisogni demografici del Paese esigono che restino. Si erano fatte arrivare braccia, ma ben presto si scopre che sono uomini con famiglia. Con il Concillo Vaticano II si fa strada l'affermazione dei diritti della persona migrante. Con "Pastoralis Migratorum Cura " (1969), la Chiesa esige il rispetto delle persone, il diritto a emigrare con la famiglia e spinge i cristiani del posto alla solidarietà con gli stranieri.
Se i migranti si insediano, bisogna che abbiano tutto il loro posto nella società e nella Chiesa, che siano accettati e riconosciuti nella Chiesa di arrivo come dei battezzati. Quest'ultina diventa allora la responsabile di quei battezzati, i quali allora, devono sentirsi a casa loro e di diritto parte della Chiesa, nella nazione dove vivono. I preti stranieri diventano preti al servizio della Chiesa locale.
All'interno delle diverse cappellanie, i sacerdoti, le religiose e i laici che vi assumono delle responsabilità, sono già accompagnatori dei cristiani delle loro comunità presenti in Francia, senza perdere di vista le loro radici. Essi hanno il ruolo di ricordare agli altri cristiani che questa integrazione non deve essere assimilazione. Essi fanno da ponte tra la Chiesa che è in Francia e la Chiesa del Paese di origine.
- Alcuni sentenziano che gli immigrati devono vivere alla francese e impegnarsi nella società come i Francesi, pregare alla francese ... Si guarda con sospetto al clero del Paese d'origine, che d'altronde non è aiutato a fare il passaggio della corresponsabilità in seno alla Chiesa lacale.
- Altri accettano qualche pratica religiosa degli immigrati, pensando che un giorno questo "folklore" passerà ...
- Altri ancora creano dei luoghi e trovano i mezzi affinché gli immigrati comincino a partecipare alla vita della Chiesa locale e anche della società, attraverso l'impegno sindacale e associativo...
Corrisponde a questo periodo l'impegno di molti cristiani francesi nelle lotte contro il razzismo e in favore dei diritti degli immigrati. Per cui, un numero importante di sacerdoti francesi iniziano a imparare la loro lingua, in particolare lo Spagnolo e il Portoghese.
In questo periodo, è più facile agire affinchè gli immigrati abbiano il loro posto nella società più che nella Chiesa locale, ma si sente che c'è un movimento in questa direzione.
 
3. Chiesa CON i migranti
Questa tappa che viviamo oggi - in modo ancora imperfetto - è caratterizzata in Francia dal posto che gli immigrati prendono in seno alla società e alla Chiesa.
a) Ognuno a modo suo partecipa allo sviluppo della società. Sono tre gli aspetti sensibili di questo periodo:
- Le diverse generazieni mostrano che l'immigrazione non è uniforme, che ad ogni generazione corrisponde una maniera d'essere.
- Le giovani generazioni scoprono il valore delle radici, la fierezza della storia dei loro genitori.
- La società diventa poco a poco più cosciente del fatto che immigrati e Francesi si arricchiscono a vicenda e che la Francia, la sua cultura, il suo popolo... sono sempre più il frutto di questo "vivere-insieme".
Al contempo, la situazione di crisi economica e culturale che attraversa il Paese fa sì che si sviluppi la xenofobia e persino il razzismo. I giovani nati nelle comunità magrebine sono i più esposti a questa situazione e sono quelli che reagiscono di più.
b) Anche a livello di Chiesa, si vive di più nel senso della partecipazione dei migranti alla missione comune, attraverso 1'esercizio delle responsabilità ecclesiali. L'obiettivo è che tutta la Chiesa locale diventi sempre più cattolica con i migranti e che anch'essi lo siano nella Chiesa locale. La sfida è di osare "essere Chiesa insieme".
Immigranti di ogni nazionalità sono catechisti, animatori liturgici, membri di sinodi diocesani ... Seguono formazioni specifiche o con altri. Sono membri di équipes della Pastorale dei migranti. Le "feste dei popoli" e le "messe delle nazioni" traducono un nuovo volto di Chiesa. Si dà vita a organismi rappresentativi dei migranti: consigli pastorale di cappellania, consigli diocesani della Pastorale dei migranti, eccetera ...
Rimane tuttavia un punto difficile: alcuni, nella Chiesa, si ostinano a dire che per questa o quella nazionalità non è più necessario fare una pastorale specifica, dal momento che sarebbero già... come i Francesi.
Se da una parte noi rifiutiamo le comunità ghetto, ripiegate su se stesse, dall'altra rifiutiamo questa tendenza a negare le radici, la specificità e l'identità dei cristiani immigrati.
Sta di fatto che questo periodo è contraddistinto dalla volontà di diventare Chiesa insieme. La Chiesa in Francia afferma che la sua fede cattolica diventa credibile se essa sa riconoscere il posto degli stranieri nel cuore della sua missione sacramentale. Con gli stranieri, la Chiesa locale vuole dire ciò che è: la casa di tutti; e ciò che fa: l'impegno perché tutti siano riconosciuti uguali in diritti e doveri... di fratelli.
 
4. Chiesa ATTRAVERSO i migranti
Quest'ultima tappa sta già aprendo nuove prospettive che ci proiettano verso il futuro.
Nella società assistiamo a un movimento di impegno civile da parte degli immigrati: rivendicazione del diritto di voto per tutti (anche per gli extra-comunitari), esercizio di responsabilità politiche e civiche, partecipazione alla vita associativa ed economica, riconoscimento del popolo francese come un popolo fatto di popoli numerosi.
A livello di Chiesa, facciamo notare che alcuni luoghi dove si esprime la vita della comunità cristiana non esisterebbero senza il concorso dei migranti. In alcuni quartieri o parrocchie, il catechismo, il catecumenato, la liturgia, questo o quel movimento di giovani vivono perche degli stranieri ne prendono la responsabilità.
1 vescovi di Francia lo riconoscono nel loro ultimo documents (L.C.F. p.97), quando dicono che nei luoghi di frattura della società - quartieri difficili, per esempio - i cattolici immigrati sono 1'ultima possibilità offerta per la testimonianza del Vangelo. Attraverso di essi la Chiesa esiste e dà testimonianza.
A livello nationale, la Pastorale dei migranti esiste anche perché, da molti anni, preti, religiose e laici, provenienti dai Paesi di emigrazione, sono stati associati e partecipano pienamente alla riflessione, alle decisioni, all'attuazione di orientamenti della Chiesa locale.
Un semplicè esempio. Ogni settimana, cinque delegati nazionali (Italiano, Portoghese, Spagnolo, Cambogiano e Africano) partecipano alla riflessione dell'équipe del Servizio Nazionale di Parigi. Non si decide nulla senza di loro! D'altra parte, due cappellanie stanno per avere dei laici immigrati come responsabili della missione a livello nazionale, con lettera di missione dei vescovi.
Noi sappiamo che, in molte diocesi, il cammino si scosta di parecchio da quello qui descritto. Noi sappiamo anche che per questa o quella comunità siamo ancora alla prima tappa (agire senza gli immigrati); per altre, siamo alla seconda (agire per loro); per le comunità più anziane siamo alla terza (agire con loro), e per alcune situazioni noi siamo rivolti verso l'avvenire, poichè constatiamo che è attraverso di loro che la Chiesa di Francia testimonia e testimonierà il Vangelo nel cuore della società, presso uomini di ogni origine e religione, compresi i musulmani, che sono più di quattro milioni in Francia.

Noi siamo a un crocicchio di strade diverse..., con la certezza che non basta fare del bei discorsi sulla cattolicità, sulla comunione.
Bisogna prendere i mezzi per dire e mostrare come si diventa cattolici insieme: la Chiesa locale e ognuna delle nostre comunità cattoliche di origine straniera- il battezzato francese, unitamente al battezzato portoghese, africano o italiano ...

Noi siamo della stessa Chiesa ... quella di Gesù. Ed è insieme - Francesi e immigrati - che dobbiamo fare cadere le barriere e le divisioni. Attraverso i cristiani immigrati, le diverse cappellanie, la Chiesa che è in Francia impara ad accogliere lo straniero, scopre le preziose opportunità offerte dalle migrazioni; attraverso loro, la Chiesa prende il ruolo del "servizio di umanità", come è nel caso dell'accoglienza dei "sans-papiers' .

La Chiesa che è in Francia ha bisogno degli italiani, come di ogni altro, per essere Chiesa "in stato di fede", Chiesa testimone di un Dio Padre di tutti gli uomini.
Se noi, gli immigrati, restiamo da parte, ognuno nel suo angolo, anche se riuniti in comunità cristiane, nessuno sarà cattolico..., nessuno sarà "in stato di fede".

lincontro dei Consigli di Delegazione deuropa, Treviri, 29 Giugno - 2 Luglio 1999.

José Da Silva direttore del Service-National de la Pastorale des Migrants ( Parigi)

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