Non la purità salva ma l'amore salva - 16.06.2013


 

 don Marco Pedron
 
 
XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/06/2013)
Vangelo: Lc 7,36-8,3   
 
Il vangelo di questa domenica è sconvolgente, disturbante, erotico e fastidioso. La cosa fu così scandalosa nei secoli che Gregorio Magno fece una così grande confusione nel VI secolo da far coincidere la peccatrice con la Maddalena. Cosa che non risulta da nessun particolare del vangelo. 
Sappiamo che nel vangelo quando non c'è un nome come qui, si indica un personaggio rappresentativo: "Potresti essere tu!". Ma poiché Gesù non chiede alla donna di cambiare vita o mestiere, poiché l'episodio è scandaloso, fu addolcito facendo identificare Maria Maddalena con questa peccatrice. "Vedete: la Maddalena era una prostituta, ma poi si è convertita e ha cambiato mestiere". Ma la Maddalena non si deve pentire di niente perché non è lei il personaggio del vangelo di oggi, né si sa se avesse o meno i capelli lunghi come questa donna. 
Per capirlo dobbiamo fermarci e osservare due cose. 
 
La prima: i pranzi di Gesù. Gesù amava pranzare, pranzava molto e con tutti. Gesù nel vangelo non è affatto un mistico, un asceta, uno che rinunciava ai piaceri della vita: Gesù non fa penitenze, né si mortifica. Anzi! Gesù nel vangelo è l'uomo della festa, della gioia, dei pranzi, degli abbracci, dei sorrisi, delle emozioni. E, forse, dobbiamo tornare a leggere il vangelo, perché a volte abbiamo un'immagine di Gesù molto diversa da quella del vangelo. 
Proprio per questo una della accuse più forti che facevano a Gesù era che fosse "un amico dei pubblicani e dei peccatori", un "mangione e un beone". 
Proprio per questo i religiosi si guardavano bene dall'invitarlo: Gesù, infatti, stando con la feccia della società, da una parte contraeva l'impurità rituale (sia perché entrava in contatto con "questa" gente sia perché mangiava con loro; dobbiamo ricordare che si mangiava con le mani da un unico piatto posto al centro: quindi era inevitabile contrarre l'impurità!), dall'altra perché"dimmi con chi vai e ti dirò chi sei", "dimmi con chi mangi e ti dirò chi sei". Cioè: se Gesù andava con certa gente allora "sosteneva, patteggiava" per quella gente. E questo, agli occhi delle persone religiose, era scandaloso: ma come, Gesù mangia con i ladri, le prostitute, i nemici, i peccatori incalliti? Ma che maestro è? 
Per Gesù invece, mangiare con questa gente era una forma alta di amore: Dio non tollera, non vuole, che qualcuno si senta discriminato da lui o dal suo amore. Tutti devono sapere che Dio ama tutti e tutti si devono sentire amati, accolti, riconosciuti, degni dell'amore di Dio al di là della loro condotta di vita. Per questo Gesù va di proposito a questi pranzi per cercare questa gente "esclusa", perché sappiano che se la società o la religione li esclude, Dio no, per niente! 
 
In questo vangelo troviamo che per tre volte Gesù viene invitato a pranzo da persone pie, persone religiose, e tutte e tre le volte manda di traverso il cibo a coloro che lo hanno invitato. 
Lc 7,36-50 in casa di Simone il fariseo: episodio di oggi della peccatrice. 
Lc 11, 37-54 in casa di un fariseo a pranzo: "Voi farisei purificate l'esterno... ma il vostro interno... avete cari i primi posti... caricate di pesi insopportabili... ecc.". 
Lc 14,1-6: guarigione di un idropico in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare in giorno di sabato: "E' lecito o no curare di sabato?". 
 
Dobbiamo inoltre considerare quelli che sono i precedenti tra Gesù e i farisei. 
Lc 5,17-26: guarigione del paralitico. Scribi e farisei gli dicono: "Ma costui bestemmia!" (Lc 5,21): Gesù è un bestemmiatore. 
Lc 5,29-32: Gesù è a tavola con i pubblicani e altra gente, e i farisei e gli scribi mormorano con i suoi discepoli: "Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?". Gesù è un mangione e un beone. 
Lc 6,6-11: dopo che Gesù ha guarito un uomo dalla mano inaridita i farisei e gli scribi sono pieni di rabbia e discutono fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù (Lc 6,11). Gesù è da eliminare. 
Allora che Simone il fariseo lo inviti, non sa tanto da invito d'amicizia, d'accoglienza, d'amore, ma da invito per metterlo alla prova, per trovare motivi di che accusarlo, per verificare chi è davvero questo uomo. 
 
D'altronde i farisei erano i perfetti, i cristiani "superdoc" del tempo. Fariseo=separato: si separavano dalle altre persone per non contaminarsi. La loro vita era davvero complicata perché c'era una regola, una prescrizione da seguire per ogni cosa. 
Al mattino dovevi scendere dal letto con il piede destro e recitare un preghiera. Poi con quello sinistro e recitarne un'altra. E poi preghiere, cose da fare, cose da non fare, lavori da evitare, ecc. Perfino per andare in gabinetto c'era una preghiera da recitare: "Ti ringraziamo Creatore, che nella tua sapienza hai creato dei buchi nell'uomo, alcuni sono aperti e altri si chiudono. Se quelli che sono aperti si chiudessero e quelli che sono chiusi non si aprissero l'uomo non potrebbe vivere" (Talmud). E poi tiri giù l'acqua... 
Gesù si arrabbierà tantissimo contro questa mentalità: se le regole uccidono il tuo cuore, l'amore, la misericordia, la tenerezza, allora sono regole e prescrizioni stupide. Non vengono da Dio ma dagli uomini. 
 
Dobbiamo poi capire cosa fosse la prostituzione a quel tempo, perché la donna è chiaramente "una di quelle". 
Quando si tratta di prostitute in quel mondo, non bisogna pensare a quello del nostro mondo. 
La nascita di una bambina in una famiglia era sempre vista come una disgrazia o addirittura una punizione da parte di Dio. Questo perché la bambina era una bocca in più da sfamare, non come il maschio che avrebbe poi aiutato in casa. 
Era una prassi non approvata, ma abbastanza normale, ucciderla appena nata. E guardate che questo ancora oggi, in India, in Cina, ed in tanti paesi, le bambine vengono soppresse, perché una bambina è considerata una disgrazia. 
Anche nella cultura italiana, continuiamo a dire "auguri e figli maschi". Quindi, se l'augurio è il figlio maschio, la figlia femmina è una disgrazia. 
Quindi, in quella mentalità, l'uomo maschio deposita il suo seme nella donna e quello che nasce deve essere un maschio. Se nasce una femmina significa che questo seme era avariato. 
Per questo era una prassi normale sopprimere la bambina già dalla nascita. Come avveniva tutto ciò: 1. seppellendola viva; 2. mettendola in una giara; 3. mettendola in un cesto all'angolo della strada (le persone più di buon cuore). Al mattino presto - lo sappiamo dalle cronache dell'epoca - se la neonata sopravviveva agli animali randagi, passava il mercante di schiavi che le raccoglieva, le allevava e già all'età di cinque anni iniziavano l'esercizio della prostituzione; a otto anni erano pronte per un rapporto completo. 
Allora: non è che una volta una donna dicesse: "Da oggi vado a far la prostituta"; era una condizione che si aveva praticamente dalla nascita. 
 
Quindi questa donna del vangelo è una creatura che fin dalla tenera età è stata allevata per piacere e per essere gradita agli uomini. Ecco perché ha tutto questo armamentario di gesti con Gesù: lei non conosce altra forma per esprimere il proprio affetto, la propria riconoscenza, il proprio amore, se non con le arti della prostituzione che gli sono state insegnate. Lei non conosce altro. 
 
Possiamo capire il fariseo: ciò che vede, per lui è scandaloso. D'altronde veramente questa è una scena a luci rosse! 
Ma Gesù la accetta così com'è. Gesù non si scandalizza, sa che questa persona non può essere diversa, non può manifestarsi in una maniera diversa da quella che è la sua profonda natura. 
Lei non è una donna che fa la prostituta, ma è una che è nata prostituta, perché fin da piccola gli hanno insegnato come essere piacevole e come gradire ai maschi. Ebbene Gesù non le chiede: "Cambia atteggiamento, cambia comportamento". Tu sei così e io ti accetto così. Gesù non dice a questa donna: "Va' e d'ora in poi non peccare più... non fare più la prostituta". Gesù sa che forse questo è l'unica cosa che sa fare. Questo per noi è molto difficile da capire, perché è molto elevato, ma è evangelico. 
 
Veniamo al vangelo. "Gesù si mette a tavola" (Lc 7,36). Letteralmente è "si sdraiò", sdraiato "alla romana": al centro c'era un grande piatto e tutti attorno sdraiati. Si stava appoggiati con un gomito (che è una posizione scomoda) ed è per questo che i piedi sono all'esterno e la peccatrice può arrivavi. 
 
"Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città" (Lc 7,37). Che ci fa una donna così in casa di un fariseo? Le prostitute giravano nei pranzi dei nobili romani ma certamente mai in casa di un fariseo. Erano rigorosamente pranzi di soli uomini. Le donne stavano in cucina. 
Che poi sia una peccatrice (non è detto qui che sia una prostituta ma lo si capisce inequivocabilmente da ciò che fa poi) è terribilmente scandaloso. 
Ora dobbiamo sapere che per essere sicuri che i cibi fossero puri (i farisei erano ossessionati dal puro e dall'impuro, dall'osservanza del sabato, ecc.) avevano addirittura costituito delle cooperative gestite direttamente da loro, così potevano essere sicuri che erano pagate le decime sui cibi (purità). Immaginatevi cosa poteva essere per loro una prostituta che entra, tocca le persone, i cibi e rende impuro tutto e tutti. 
 
"E fermatasi dietro (lett. stando dietro) si rannicchiò piangendo ai piedi di lui" (Lc 7,38). Ora a noi questo versetto non dice molto ma per un fariseo questo era osceno, osé, indegno. 
Il mondo giudaico era molto pudico ed evitava di pronunciare i termini che riguardassero l'apparato genitale. Si utilizzavano quindi dei nomi sostitutivi. 
Ad esempio in 2 Sam 11, 1-27 avviene che Davide s'innamora di Betsabea: ha una tresca con lei e la donna rimane incinta. Allora Davide chiama il marito di lei, Uria, che è al fronte a combattere e gli dice: "Scendi a casa tua e lavati i piedi" (2 Sam 11,8). E poiché Uria non lo fa', Davide lo fa uccidere. 
Se uno non conosce la mentalità del tempo dice: "Ma si può ammazzare uno perché si rifiuta di lavarsi i piedi? Va beh, tornava dal fronte, erano puzzolenti, ma...!". Cos'era successo? Uria aveva capito che la moglie era incinta e non vuole prendersi la paternità del figlio. E per questo ci rimette la pelle. 
Allora lavarsi i piedi voleva dire avere rapporti sessuali; i piedi era un eufemismo per dire gli organi genitali. Quindi, il riferimento sessuale della donna è evidente. 
 
"Poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato" (Lc 7,8). Il peggio del peggio: una vergogna! 
Le donne palestinesi sono sempre velate, fin dalla pubertà. Una donna, il velo se lo toglie solo di fronte al padre, al marito e ai figli. Le donne più religiose addirittura mai. Perché? Perché i capelli sono parte dell'armamentario erotico della donna, sono una forma di seduzione erotica incredibile. 
Nel libro di Giuditta si racconta di come questa donna ebrea, Giuditta, seduce il re Oloferne (Gdt 13). Come ha fatto? Giuditta gli è andata davanti e si è tolta il velo, si è sciolta i capelli e Oloferne ha perso la testa. E così Giuditta gli ha tagliato la testa. 
Allora "sciogliersi i capelli" significava eccitazione al massimo. 
 
Per questo San Paolo nella comunità primitiva obbliga le donne a portare il velo in testa: "A motivo degli angeli". E uno si chiede: "A motivo degli angeli? E cosa c'entra?". 
Gli angeli, nella bibbia, non sono quegli esseri deliziosi che poi sono diventati col cristianesimo. C'erano angeli buoni, ma anche angeli un po' sporcaccioni. Se si legge il capitolo sesto del libro della Genesi, troviamo: "I figli di Dio" - cioè gli angeli - "videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per moglie quante ne vollero" (Gen 6,2-4). Cioè, in cielo, c'erano questi angeli che quando vedevano una bella ragazza, scendevano e si accoppiavano. Allora Paolo dice: "Per evitare queste scelte degli angeli, mettete il velo: se vi vedono il velo significa che siete una donna onesta, perché se vi vedono senza velo siete oggetto dell'attenzione di questi angeli". 
Mostrare i capelli ad un uomo era motivo sufficiente per ripudiare la propria moglie. 
 
E l'olio? Era l'unguento che serviva per massaggiare ed eccitare i clienti. 
 
Il fariseo vedendo ciò pensa: "Se costui fosse un profeta saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice" (Lc 7,39). 
Il fariseo è scandalizzato, schifato dalla donna e da Gesù. Il disprezzo è così forte che neppure la nomina, dice infatti: "Chi e che specie di donna...". 
Le persone religiose vedono malizia dappertutto: Gesù vede il gesto d'amore della donna, lui il peccato. 
Chi ha dentro il peccato o la paura del peccato lo vede dappertutto. Chi ha dentro dei mostri o è terrorizzato dal demonio lo vede dappertutto. Chi ha dentro l'amore e la bontà li vede dappertutto e li espande in ogni dove. Ognuno vede gli altri secondo i propri occhiali. 
C'è un uomo seduto fuori dalla sua casa, sul far della sera. Passa un tizio e vedendolo pensa: "Questo qui è uno scansafatiche che invece di andar a lavorare perde tempo riposandosi e oziando". Dopo un po' passa un altro tizio per la strada: "Questo qui si siede qui per guardare le fanciulle che passano, importunarle e fare certi commenti da "maschi"". Dopo un po' passa un altro uomo e vedendo il nostro uomo seduto dice: "Questo uomo si sta riposando al termine di una lunga giornata di lavoro". Ora cosa possiamo dire dell'uomo seduto lungo la strada? Niente! Ma degli altri possiamo dire: il primo era uno scansafatiche; il secondo un amante delle donne e il terzo un gran lavoratore. 
Quello che dici degli altri parla molto più di te che di loro. 
Il fariseo ha visto la prostituta-donnaccia, Gesù la donna da amare e dalla quale accogliere amore. 
 
Allora: i gesti della donna sono gesti provocanti, seducenti, molto sessualizzati. La donna per amare Gesù lo fa con i gesti che fa tutti i giorni. Quegli stessi gesti che in un altro contesto diventavano "prostituzione", svendita di sé, modo per far soldi, adesso diventano segni di amore. 
La donna adesso usa "il suo lavoro", la sensualità di cui è capace, per amare. Ciò che prima era peccato adesso diventa amore: ma sono gli stessi gesti. Simone vede i gesti e la condanna. Gesù vede il cuore e la assolve. 
Questo vuol dire che nulla di per sé è negativo: un contatto, un abbraccio, uno sguardo, un gesto può essere segno di amore e alta spiritualità. Come anche il contrario: tutto può essere negativo. Una preghiera, un'azione religiosa, una parola, un gesto, può venire da un cuore pieno di odio e di risentimento, di insoddisfazione e di chiusura. 
E' il cuore, l'intenzione, lo sguardo, che rende pure e impure le cose e le persone.... Non i gesti! 
 
Gesù racconta allora una storia a Simone (7,40-43) dove sancisce un criterio fondamentale: non è più importante cos'abbiamo fatto di negativo ma ciò che abbiamo fatto di positivo. Non i peccati, ma l'amore: "Sì, Simone, tu sei perfetto, in regola, bravissimo, senza alcuna trasgressione, ma non c'é amore... non c'è vitalità... non c'è passione: sostanzialmente sei morto... imprigionato dalla tua paura di vivere. Non c'è amore; non ci sono peccati se non il grande e unico peccato che non vivi". 
Quando andremo di là Dio non ci chiederà per entrare con Lui: "Quali, quanti, peccati hai fatto?", ma: "Quanto hai amato?". Perché chi vive con la paura di peccare, di sbagliare e di fallire, vive nella difensiva, semplicemente non vive, non ama, non prova.
"Vedi questa donna, Simone, è vero, avrà sbagliato molto eppure il suo cuore è ancora capace di amare, è vivo, è ancora capace di piangere, di chiedere scusa e perdono, di aver bisogno di amore e perdono". 
Non è più una vita retta, perfetta che salva, ma una vita d'amore. L'unico grande e vero peccato è non essere più capaci di amare, diventare secchi, aridi, giudicanti, così arrabbiati dentro, che la tenerezza, la compassione, l'affetto, la gioia per la vita e per i passi degli altri, il sorridere, il giocare, il lasciarsi andare, la passione, non escono più. 
"Invece di pensare di essere puro, Simone, pensa di essere vivo". 
 
Alexander Neil aveva fondato la Scuola di Summerhill. Quando gli portavano un ragazzo "fuori" e gli dicevano: "Guarda che questo è problematico, guarda che questo ne ha fatte di tutti i colori... guarda che questo è da galera", lui diceva: "E' capace di un gesto d'amore?". E siccome tutti sono capaci di un gesto d'amore lui li prendeva tutti. E per recuperarli faceva leva non su ciò che avevano fatto, non sul lato negativo, ma sul loro lato positivo, sull'amore, anche parziale, che potevano dare. E funzionava! 
Una volta gli fu portato un ragazzo che tutti definivano "un disgraziato". Lui: "Sei capace di prenderti cura di un cane?". Lui gli disse: "Oh sì, mi piacciono tantissimo i cani!". Tutti gli dicevano: "Stai attento a quello lì, guarda che è terribile, non prenderlo!". Ma lui: "Se si sa prendere cura di un cane vuol dire che è capace d'amare. E se uno è capace d'amare, allora si può fare". E così fu, visto che cresciuto quel ragazzino diventò un educatore della sua scuola. 
Quando Gesù doveva scegliere i suoi apostoli non guardava all'esterno, a cosa facevano: Giacomo e Giovanni avevano un caratteraccio, Matteo era un mezzo ladro, Simone lo ha tradito (i rischi dell'amore!), l'altro Simone era un Cananeo "testa calda"; ma guardava al loro cuore: "Questo qui, sa amare?". Se la risposta era: "Sì", allora aveva tutte le caratteristiche per seguirlo. 
"L'uomo guarda le apparenze. Il Signore guarda il cuore" (1 Sam 16,7). 
 
Vi racconto questa storia. Una volta c'era un filo di cotone che si sentiva inutile: "Sono troppo debole per fare una corda; sono troppo corto per fare un maglione; sono troppo sgraziato per fare un arazzo e non servo neppure per un ricamo da 4 soldi... sono scolorito e ho le doppie punte... Non servo proprio a niente! Nessuno ha bisogno di me e faccio proprio schifo". Era davvero inutile. Finché il filo di cotone si lamentava fu sentito da un inutile mucchietto di cera che gli disse: "Senti io ho un'idea. Io non posso diventare niente senza di te: perché non diventiamo un lumino?". E così il mucchietto di cera e il filo inutile di cotone diventarono un lumino che riscaldava e illuminava. Anche lui adesso serviva. 
 
 
Pensiero della Settimana 
 
"Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore». 
(San Giovanni della Croce)