Abbattere i muri


Abbattere i muri

 

Chiudere la porta non garantisce la sicurezza, e la storia l’ha dimostrato. L’unico modo per accrescere la sicurezza non è costruire muri, ma creare spazi aperti nei quali tutti possano dialogare e sentirsi partecipi dello stesso mondo”.

Si dice che l’unica opera umana terrestre visibile dalla grandi altezze stratosferiche sia la Muraglia cinese, un imponente e possente sistema di difesa che però non riuscì a rendere inviolabile la Cina. Così accadde al Vallo di Adriano e al muro di Berlino e così accadrà in futuro anche al muro israeliano in Cisgiordania. 

L’illusorietà delle odierne porte blindate, simbolo del nostro vivere quotidiano, è evidente: noi oggi abbiamo più paura di ieri. Ha perciò, ragione, il noto studioso dei fenomeni sociali Zygmunt Bauman con le parole che abbiamo sopra citato e che sono tratte da un’intervista rilasciata tempo fa al giornale “Avvenire”.

Lo spazio aperto del confronto e del dialogo è, certo, rischioso, ma è l’orizzonte più adatto ad essere veramente creature umane e non bestie feroci che hanno bisogno di recinti e serragli. Siamo anche noi diversi, siamo pure aggressivi; abbiamo identità a cui non dobbiamo rinunciare, evitando di cadere in un letargo fatto di indifferenza. Eppure tutti siamo “partecipi dello stesso mondo” e il primo nostro nome – che precede quelli familiari, tribali e nazionali – è Adamo, ossia in ebraico “uomo”. È alla riscoperta di questa identità comune che dobbiamo dedicarci, ritrovando anche le nostre radici divine, quell’ “immagine di Dio” in noi stampata che ci rende tutti figli dell’unico Signore e Creatore e quindi radicalmente fratelli”(G. Ravasi, “Avvenire”).