Betania


 

Betania


Fra le caratteristiche attribuite alla prima Chiesa, l’ospitalità appare un tratto distintivo del costume cristiano, una delle espressioni più tangibili, semplici e preziose. Già radicata nella prassi ebraica, l’ospitalità cristiana costruisce fin dai primi secoli una rete di appoggio per i fratelli, a qualsiasi titolo lontani da casa, oltre che per i più vicini. Ma l’ospitalità diviene presto anche una imponente catena di “luoghi” deputati all’accoglienza dei pellegrini, dei viandanti, dei malati: come accade nei monasteri latini in Terrasanta, fin dal tempo di Gerolamo e Rufino e delle loro compagne del Circolo dell’Aventino (IV-V secolo).


Sullo sfondo di questa prassi, che inventa di volta in volta soluzioni nuove per tradurre la carità di Cristo, è bello pensare che vi sia anche l’eco lontana dei passi del Signore, lui pure viandante e “ospite”, lui “il Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo”(Lc. 9.58).


La casa di Lazzaro, Marta e Maria, a Betania, sulle colline di Gerusalemme, è ricordata dai vangeli come uno dei luoghi di sosta e di passaggio di Gesù. Qui accadono cose importanti, che entrano nel cuore della “Buona notizia”: la profetica unzione che allude alla sepoltura e alla resurrezione (Gv, 12, 1ss.); l’intenso colloquio di Gesù con Marta, che dà luogo alla solenne confessione di fede, accostabile a quella di Pietro (Gv, 11, 25-27), e l’ultimo dei grandi “segni” di Gesù. prima del suo ingresso in Gerusalemme: restituendo alla vita mortale un sepolto da quattro giorni, indica già l’alba nuova del mattino di Pasqua (Gv, 11,38-45).



Ma in questa casa il Vangelo (Le,10, 35-42) fissa anche una scena d’interno, in apparenza minore e tutta al femminile, perché Lazzaro è assente. In primo piano è Gesù che giunge come ospite. Ma subito lo sguardo si sposta sull’effetto che la Sua venuta provoca nelle due sorelle, mettendole a confronto. Ed è un confronto anche plastico, perché il testo lascia immaginare Marta in piedi, tutta presa dai suo generoso servizio di approntare al meglio la casa per l’ospite; e quasi fotografa l’opposto atteggiamento di Maria, seduta ai piedi dei Signore: un contrasto ulteriormente accentuato dall’accesa rimostranza di Marta, cui fa da contrappeso il silenzio di Maria. che non dice nulla, ma di cui si dice: “Seduta ai piedi del Signore, ascoltava la Sua parola”. Su questa tensione fra i due donne, la tradizione cristiana ha impiantato una lunga e suggestiva riflessione su vita “attiva” e vita “contemplativa”. La grande esperienza monastica ha consacrato il privilegio di Maria, donna dell’ascolto, su Marta, donna presa dai molti servizi e perciò distratta dalle cose essenziali. Interpretazione che pare confermata dalla conclusione di Gesù: chiamato in causa da Marta per rimproverare la sorella sfaccendata. Gesù senz’altro rovescia le parti, assegnando a Maria “la parte migliore”.

Ma il passo di Luca può anche prestarsi ad altre letture, se riduciamo la forbice fra le due donne: anziché farne dei “modelli” rigidi relativi a “stati” di vita esteriormente distinti - facciamone un pendolo, un’oscillazione costante nella vita di fede di ciascuno, sempre chiamato a preservare la “parte migliore”, l’anima e la ragione, la fonte e il termine del suo essere e del suo agire cristiano.

E questo breve passo può anche illuminarsi diversamente, se lo rileggiamo in rapporto all’ “ospite”: c’è Gesù in ogni altro “ospite” che un giorno può affacciarsi alla porta. I nostri padri, infatti, lasciavano - in certe occasioni - un posto vuoto a tavola. La visita del Signore e di ogni ospite va onorata. E i gesti di Marta, perfino il suo affanno, vogliono servire questa presenza: le cure materiali non sono insignificanti, né superflue, e da sole dicono il cuore che le sorregge. Eppure può darsi che l’ospite cerchi un diverso ristoro, un rapporto diverso dall’accudimento. O può darsi che, per una volta, l’ “ospite” non venga a chiedere asilo e amicizia ma portare il dono di sé, il dono immateriale della parola che rivela altri mondi, dimensioni diverse da quella già nota. Maria onora il Signore - l’ospite - con il silenzio dell’ascolto: non lo sommerge di cure ma, checché ne dica Marta, non lo trascura. Si sottrae al copione già scritto, che vuole le donne affaccendarsi in casa, predisporre la bianche­ria e il cibo migliore. Ebrea e donna, Maria sceglie l’ascolto, cui non era obbligata. Di cosa ha fame e sete il Signore, l’ospite che viene sempre? A volte, tutto è pronto per l’ospite, fuorché l’attenzione alla sua perso­na, alla parola unica che egli può pronunciare. Quieta, ai piedi di Gesù, Maria ha scelto (Alessandra Deoriti, Quell’ospite a Betania, “Italiacaritas”, 7, 1998, p. 10).