Cattolicità


 

Cattolicità


La Chiesa vive oggi, forse ancor più che in passato, una crisi difficile che dovrebbe rivelarsi feconda. Le chiese locali e gli stessi gruppi al loro interno prendono sempre più coscienza delle loro particolarità in seno alla Chiesa universale. Cresce sempre più la convinzione che, per potersi affermare in modo pieno, la grazia della cattolicità implica una autentica diversità tra le comunità ecclesiali all’interno della stessa comunione.


Questa convinzione tanto più è forte, quanto più in molte nazioni si sviluppa in modo parallelo una forte coscienza delle loro specificità etniche e culturali.


Ma mentre si accentuano le particolarità locali si fa più forte la necessità di precisare quegli elementi che uniscono tutte le comunità ecclesiali nell’unico popolo di Dio.


Sorgono allora due domande:

a) Come essere sicuri che, mentre si riconosce alle chiese locali la loro originalità, non si nuoce all’unità, ma, al contrario, la si feconda e si rende più ricca la sua universalità?

b) Come evitare che la necessaria ricerca dell’unità soffochi la vitalità di ogni Chiesa? (Documento della Pontificia commissione biblica Unità e diversità nella Chiesa, 15.04.1988, in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, n. 1821).


Per quanto sia particolare la condizione del Verbo fatto carne - e dunque la cultura che lo accoglie, lo forma e lo continua - non è anzitutto a tale particolarità che il Figlio di Dio si è unito. Poiché si è fatto uomo, Dio ha anche assunto, in un certo modo, una razza, un Paese e un’epoca. “Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, con ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo”.


La trascendenza del Cristo non lo isola dunque al di sopra della famiglia umana, ma lo rende presente a ogni uomo, al di là di ogni particolarismo. “A nessuno e in nessun luogo egli può apparire estraneo”. “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Il Cristo ci raggiunge quindi nell’unità che formiamo, come nella molteplicità e nella diversità degli individui in cui si realizza la nostra comune natura (Documento della Commissione teologia internazionale Fides et inculturatio, 8.10.1988, II,II B, 18-19, in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, nn. 1956.57).


La vocazione della Chiesa è quindi di essere “il popolo dei redenti” riconciliati con Dio e tra di loro, che formano “in Cristo un solo corpo e un solo Spirito”, e mostrano rispetto e amore nei confronti di ogni uomo. “Tutte le nazioni che sono sotto il cielo” erano simbolicamente rappresentate a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, ribaltamento e superamento della dispersione di Babele. È quanto confermato dalle parole di Pietro, chiamato alla casa del pagano Cornelio: “Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo a nessun uomo... Dio non fa preferenze di persone...”. La Chiesa ha la sublime vocazione di realizzare, in se stessa prima di tutto, l’unità del genere umano al di là delle differenze etniche, culturali, nazionali, sociali e di altro genere, al fine di mostrare proprio la caducità di queste differenze, abolite dalla croce di Cristo. Facendo questo essa contribuisce a promuovere la convivenza fraterna tra tutti i popoli. Il Concilio Vaticano II ha giustamente definito la Chiesa “come un sacramento, o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” poiché “Cristo e la Chiesa... superano i particolarismi di razza e di nazionalità” Nella Chiesa non potrebbe esistere “nessuna ineguaglianza riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso”. È proprio questo il senso del termine “cattolico”, vale a dire universale, che caratterizza la Chiesa. Mano a mano che la Chiesa si espande, questa cattolicità diventa più manifesta: essa accomuna effettivamente i fedeli di Cristo di tutte le nazioni del mondo, che hanno le culture più disparate, guidate da pastori appartenenti al loro popolo, comunicando tutti nella stessa fede e nella stessa carità (Documento della pontificia commissione ‘Iustitia et pax’, La Chiesa di fronte al razzismo, 3.11.1988, Terza parte, n. 22, in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, n. 2041).