Comunione


 

Comunione


La gioia ampia e pro fonda, che fin da quaggiù si diffonde nel cuore dei veri fedeli, non può che apparire “diffusiva di sé”, proprio come la vita e l’amore, di cui essa è un sintomo felice. Essa risulta da una comunione umano-divina, e aspira a una comunione sempre più universale. In nessun modo potrebbe indurre colui che la gusta ad una qualche attitudine di ripiegamento su di sé. Essa dà al cuore un’apertura cattolica sul mondo degli uomini, mentre gli fa sentire, come una ferita, la nostalgia dei beni eterni. Nei fervorosi, essa approfondisce la consapevolezza della loro condizione di esiliati, ma li salva altresì dalla tentazione di disertare il proprio posto di combattimento per l’avvento del regno. Essa fa loro attivamente affrettare il passo verso la consumazione celeste delle nozze dell’Agnello. Essa è in serena tensione tra l’istante della fatica terrena e la pace della dimora eterna, conforme alla legge di gravità propria dello Spirito: “Se dunque, già fin d’ora, noi gridiamo Abbà, Padre! perché abbiamo ricevuto questi pegni (dello Spirito di figli), che cosa sarà mai, quando, risuscitati, noi lo vedremo a faccia a faccia? Quando tutte le membra, a ondate riversantisi, faranno sgorgare un inno di esultanza, glorificando colui che le avrà risuscitate dai morti e gratificate dell’eterna vita? Di fatto, se semplici pegni, avvolgendo in se stessi l’uomo da tutte le parti, lo fanno esclamare: Abbà, Padre!, che cosa non farà mai la grazia completa dello Spirito, quando sarà data definitivamente da Dio agli uomini? Essa ci renderà simili a lui e compirà la volontà del Padre, perché renderà l’uomo a immagine e somiglianza di Dio”. Fin da quaggiù, i santi ci danno un pregustamento di questa somiglianza (Paolo VI, Esortazione apostolica De christiano gaudio, 9.05.1975, in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, n. 628).


Le migrazioni hanno messo spesso le chiese particolari nell’occasione di autenticare e di rafforzare il loro senso cattolico accogliendo le diverse etnie e soprattutto realizzandone la comunione. L’unità della Chiesa non è data dalla stessa origine dei suoi componenti, ma dallo Spirito della Pentecoste che fa di tutte le Nazioni un popolo nuovo, il quale ha come fine il regno, come condizione la libertà dei figli, come statuto il precetto dell’amore (cf. Lumen gentium, n. 9).


L’impegno della Chiesa di farsi “prossima” a tutti i popoli risponde alla volontà del Padre celeste che tutti abbraccia nel suo amore. L’unica mèta a cui essa tende è di chiamare tutti gli uomini alla solidarietà più piena della nuova fratellanza in Cristo nella famiglia di Dio ( Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata mondiale del migrante Come accogliere lo straniero 31.07.1992 in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, n. 868).


Per offrire una salda testimonianza cristiana in questo settore esigente e complesso, è importante “riscoprire lo Spirito Santo come colui che costruisce il regno di Dio nel corso della storia e prepara la sua piena manifestazione in Gesù Cristo” (Lett. ap. Tertio millennio adveniente, n. 45).


Come dimenticare che il 1998 è dedicato allo Spirito Santo, il cui ruolo si è rivelato in maniera straordinariamente efficace nell’evento della Pentecoste? Scrivevo nel Messaggio per la XVI Giornata mondiale della pace: la discesa dello “Spirito Santo fece ritrovare ai primi discepoli del Signore, al di là della diversità delle lingue, il cammino regale della pace e della fraternità” (n. 12).


Nell’antica Babele la superbia aveva frantumato l’unità della famiglia umana. Lo Spirito della Pentecoste venne a ripristinare con i suoi doni la perduta unità, ricostituendola sul modello della comunione trinitaria, nella quale le tre Persone sussistono distinte nell’indivisa unità della natura divina. Quanti ascoltavano gli Apostoli, sui quali era disceso lo Spirito, rimanevano stupiti nell’intenderne la parola ognuno nella propria lingua (cf. At 2, 7-11). L’unanimità dell’ascolto, allora come oggi, non scompagina la diversità delle culture, poiché “qualsiasi cultura è uno sforzo di riflessione sul mistero del mondo e in particolare dell’uomo: è un modo di dare espressione alla dimensione trascendente della vita umana”. Al di là “di tutte le differenze che costituiscono gli individui e i popoli, c’è una fondamentale comunanza, dato che le varie culture non sono in realtà che modi diversi di affrontare la questione, del significato dell’esistenza personale” (Discorso alla 50a Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 5 ottobre 1995, 9).


L’anno dello Spirito Santo invita pertanto i credenti a vivere più profondamente la virtù teologale della speranza, che offre loro motivazioni solide e profonde per l’impegno nella nuova evangelizzazione ed a favore di quanti, provenienti da paesi e culture diversi, attendono il nostro aiuto per realizzare pienamente le proprie potenzialità umane. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata mondiale del migrante Sia rispettata ogni persona e siano bandite le discriminazioni che umiliano la dignità umana, 9.11.1997,in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, n. 911).