Conoscere l’altro


 

Conoscere l’altro


Nella nostra società dell’immagine e della fretta anche la conoscenza dell’altro finisce spesso per esaurirsi in una frettolosa immagine di lui. Ed è un guaio grosso come sanno bene le giovani coppie così facili e separarsi quando si svela la realtà nascosta e/o sconosciuta del coniuge.


Quale è dunque il processo attraverso cui si perviene a conoscere l’altro, e l’Altro, nella sua verità?


All’inizio ci sono i dati esteriori


All’inizio la nostra conoscenza dell’altro, sia un amico, la fidanzata, il vicino di casa o uno sconosciuto, è ricavata da elementi esterni e superficiali. Questi possono travisare in eccesso o in difetto la realtà della persona che voglio incontrare.


La folla conosce Gesù attraverso i suoi miracoli, i suoi discorsi, i suoi comportamenti: accoglie con amore i bambini, si ferma sino all’imbrunire a sanare i malati, critica aspramente i farisei, si scaglia violentemente contro i venditori del tempio.


Costui è Gesù? Sì! Sono fatti accaduti, quindi veri, ma la conoscenza si è fermata a una loro lettura secondo una visione favorevole e/o critica dei dati. La folla è entusiasta, ma come non potrebbe? I farisei sono gelosi e paurosi della perdita di prestigio: gli uni corrono ad annunciarlo, gli altri tramano per denigrarlo e ucciderlo.


Questa conoscenza ha sempre il limite della nostra lettura. Sono come i fatti e i personaggi presentati dai giornali. La realtà vera della persona e dei fatti rimane per me un mistero. Alcune volte ci vogliono anni per conoscere la realtà interiore di una persona; per scorgere le sue intenzionalità e i suoi sentimenti.


Dice Natanaele: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46): è dentro un pregiudizio, una lettura preconfezionata. Tutti, invece, sappiamo bene come il processo dell’esperienza relazionale richieda fiducia, stima reciproca, simpatia, comprensione, e soprattutto gradualità. I facili entusiasmi sono per le forme e i colori, sono per le note orecchiabili o per il rock duro dei giovanissimi, sono per le abilità tecniche visibili e la facile eloquenza verbale. Quanto è lontano il cuore e i suoi nascosti attaccamenti!


Gesù è mistero: da dove viene questo suo potere, dove ha ricevuto questa sua sapienza? La realtà conosciuta dai suoi concittadini è rimasta ferma al lavoro del fabbro, per gli israeliti alla sua parlata nazarena, per i farisei al raffronto con le norme e gli attributi della casta sacerdotale. Come scoprire il mistero dell’altro?


Secondo passaggio: una duplice spogliazione


Se vogliamo addentrarci nella relazione con l’altro i primi dati conosciuti vanno lasciati, sono zavorra per la nostra conoscenza. Lasciare prima di tutto i dati della storia. Se sono necessari per situare Gesù e per conoscere le sue origini, possono limitare la lettura dei nuovi dati: oggi non è più il falegname, non è più il figlio di Maria e di Giuseppe. Oggi il suo agire è profetico, il suo fare è l’annuncio del Regno, oggi presenta un’altra identità di fronte la mondo che lo circonda.


Il secondo passaggio richiede l’abbandono di questi nuovi dati, sia per la gente del suo tempo, sia per noi perché questi dati appartengono alla descrizione di contenuti informativi. Infatti ho il concetto di profeta e di profezia: è forse Elia? Ho un esempio di legislatore: è un nuovo Mosè liberatore? Ho un’idea di Regno e di restaurazione da Davide e Neemia. Anche oggi usiamo queste categorie informative: abbiamo una nostra idea di atleta, magari senza doping, di calciatore con la maglia n. 10 o di corridore di moto e di formula uno. La realtà difficilmente combacia.


Quando penso alla mia ragazza non penso alla realtà di lei, ma all’idea che ho di lei. Questo processo di accordare gli altri alla nostra sonorità prosegue nel tempo. Oggi dico di conoscere bene mio marito, ma forse sono fermo dietro a etichette e la mia conoscenza di lui si è sclerotizzata. Quante incomprensioni e quanti dissapori nascono da questo statico relazionarci. Il processo della conoscenza dell’altro richiede una duplice spogliazione: quella delle apparenze e quella delle idee fissate e che mi sono costruito, e richiede il mantenimento dinamico della novità di ogni nostro incontro.


Terzo passaggio: il silenzio ascoltante


Quand’è dunque che l’altro comincia a venire alla luce nella sua verità? La conoscenza effettiva comincia con il nostro silenzio e il suo processo relazionale con un ascolto attento. Ascoltare l’altro, guardare i suoi gesti, accogliere le sue richieste, riconoscere la sua persona sono azioni che acquisiscono intensità e senso dalla purezza dei loro contatto.


Qual è la vostra esperienza di Gesù? Voi chi dite che sia? È il catechismo che risponde? È il vangelo riletto per tante domeniche? Sono le prediche ascoltate?


Fatevi la stessa domanda per uno di casa: chi è mio marito? chi è mia moglie? chi mia madre, mio fratello? Dove il chi è la sua più profonda identità. A volte le nostre risposte sono semplici dati, se pur veri, a volte sono le aspirazioni, quando non sono le nostre proiezioni, o gelosie, o rancori mai sedati. Il “chi” è la vita, è quanto muove e tende la propria ricerca nella propria esperienza storica.


Il chi non è dato dai desideri e dai bisogni, questi sono solo il nostro affannarsi, il nostro frantumarsi in tentativi di superamento, il nostro io.


Il chi non è dato dagli ideali, questi sono la distorsione della verità della vita, ne sono la forzatura e la nostra idolatria, sono il tentativo di forgiare la realtà secondo le nostre idee o la nostra cultura (non è in questione la progettualità).


La verità della nostra vita è il nostro sé, verità dell’essere. Quando facciamo silenzio appare la verità dell’altro e riflettiamo in noi la sua stessa realtà. E in quel momento appare la mia verità. Questo è il terzo passaggio della conoscenza.


Allora ecco l’altro nella sua verità


Ora nel momento dell’incontro vibra in me il suo mistero. “Mi ami tu”, dice Gesù a Pietro prima di lasciarlo, ora tra loro c’è la realtà dei perdono dato e ricevuto e la verità dell’essersi abbandonato.


Non abbiate paura” dice Gesù ai discepoli durante le apparizioni, «sono io». Ora è l’Altro.


Ora nella relazione c’è la realtà del timore di Dio, è la verità dello spezzare il pane, è la verità dello svelamento.


Alla madre disse: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19,26), e al discepolo «ecco tua madre» (Gv 19,27), ora c’è la realtà della sofferenza, della morte e del distacco e la verità dell’unione: l’amore si è compiuto.


Ora c’è la realtà della separazione e la verità di un attaccamento più profondo, universale.


Ora c’è la comprensione profonda, esperienziale, che chi vorrà salvare la propria vita la perderà e chi perderà la propria vita per causa “sua” e del Vangelo la salverà.


Chi è per voi Gesù? provate un timore? sentite il suo amore in voi? sperimentate di potervi unire ad altri radicalmente diversi da voi, ma, in Lui, fratelli?


«Che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio dei proprio spirito?» (Me 8,37). Se provate in voi che il vostro cuore ha accolto questo suo mistero, lui vi conosce (Vittorio Soana, Conoscere l’altro, “Il Gallo”, febbraio 2001, pp. 6-7).