Cultura


 

Cultura


Strati dell’umanità che si trasformano: per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza.


Si potrebbe esprimere tutto ciò dicendo così: occorre evangelizzare - non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici - la cultura e le culture dell’uomo, nel senso ricco ed esteso che questi termini hanno nella costituzione Gaudium et spes, partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio. Il Vangelo, e quindi l’evangelizzazione, non si identificano certo con la cultura, e sono indipendenti rispetto a tutte le culture. Tuttavia il regno, che il Vangelo annunzia, è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura, e la costruzione del regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane. Indipendenti di fronte alle culture il Vangelo e l’evangelizzazione non sono necessariamente incompatibili con esse, ma capaci di impregnarle tutte, senza asservirsi ad alcuna. La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l’incontro con la buona novella. Ma questo incontro non si produrrà, se la buona novella non è proclamata (Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 8.12.1975, nn. 629-639).


La cultura, che è sempre una cultura concreta e particolare, è aperta ai valori superiori comuni a tutti gli uomini. L’originalità di una cultura significa quindi non ripiegamento su se stessa, ma contributo a una ricchezza che è bene per tutti gli uomini. Il pluralismo culturale non potrebbe perciò interpretarsi come la giustapposizione di universi chiusi, ma come la partecipazione al concreto di realtà orientate tutte verso i valori universali dell’umanità. I fenomeni di reciproca compenetrazione delle culture, frequenti nella storia, illustrano quest’apertura fondamentale delle culture particolari ai valori comuni a tutti gli uomini e, quindi, la loro apertura le une alle altre (Documento della Commissione teologica internazionale Fides et inculturatio, 8.10.1988, in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, n. 1934).


Il servizio alla persona e alla società umana si esprime e si attua attraverso la creazione e la trasmissione della cultura, che, specialmente ai nostri giorni, costituisce uno dei più gravi compiti della convivenza umana e dell’evoluzione sociale. Alla luce del Concilio, intendiamo per “cultura” tutti quei “mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l’andare del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano”. In questo senso, la cultura deve ritenersi come il bene comune di ciascun popolo, l’espressione della sua dignità, libertà e creatività; la testimonianza del suo cammino storico. In particolare, solo all’interno e tramite la cultura la fede cristiana diventa storica e creatrice di storia.


Di fronte allo sviluppo di una cultura che si configura dissociata non solo dalla fede cristiana, ma persino dagli stessi valori umani; come pure di fronte ad una certa cultura scientifica e tecnologica impotente nel dare risposta alla pressante domanda di verità e di bene che brucia nel cuore degli uomini, la Chiesa è pienamente consapevole dell’urgenza pastorale che alla cultura venga riservata un’attenzione del tutto speciale.


Per questo la Chiesa sollecita i fedeli laici ad essere presenti, all’insegna del coraggio e della creatività intellettuale, nei posti privilegiati della cultura, quali sono il mondo della scuola e dell’università, gli ambienti della ricerca scientifica e tecnica, i luoghi della creazione artistica e della riflessione umanistica. Tale presenza è destinata non solo al riconoscimento e all’eventuale purificazione degli elementi della cultura esistente criticamente vagliati, ma anche alla loro elevazione mediante le originali ricchezze del Vangelo e della fede cristiana. Quanto il Concilio Vaticano II scrive circa il rapporto tra il Vangelo e la cultura rappresenta un fatto storico costante ed insieme un ideale operativo di singolare attualità e urgenza; è un programma impegnativo consegnato alla responsabilità pastorale dell’intera Chiesa e in essa alla responsabilità specifica dei fedeli laici: “La buona novella di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell’uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli... In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione, già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l’uomo alla libertà interiore” (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, 30.12.1988, in Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, nn. 788-790).