Dialogo interreligioso
Dialogo interreligioso
Un’attenzione particolare al dialogo interreligioso è nata nell’ambito del laboratorio “Islam-conoscere per dialogare” del MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), Gruppo di Torino che, da alcuni anni, gestisce seminari di formazione per gli operatori dei centri di accoglienza e delle parrocchie, consulenza teologico-giuridica, incontri di conoscenza dell’Islam e di approfondimento sulle problematiche connesse allo sviluppo del dialogo islamo-cristiano. In seno a questa esperienza si è individuata una serie di problemi e prospettive che rivestono ormai un carattere di urgenza non solo per la diocesi di Torino, ma per tutte quelle diocesi italiane in cui si è fatta massiccia la presenza di nuclei di immigrati di religione non cristiana.
Affrontarli con serenità, ma anche con decisione, significa porre solide basi per il futuro della società multietnica e multireligiosa, senza correre il rischio di essere travolti dagli eventi.
La necessità di una riflessione culturale
È indispensabile una corretta informazione sulla “cultura altra” per superare i pregiudizi e per costruire possibilità di convivenza rispettose e pacifiche.
A Torino, ad esempio, l’amministrazione comunale sta perseguendo con forza questo obiettivo, al fine di indebolire la cultura dell’intolleranza che serpeggia incontrollata in vari ambienti e che sovente sfocia in gesti di violenza. Attraverso la scuola e altre istituzioni si sta tentando di favorire la maturazione di mentalità sempre più aperte al dialogo
Anche la Chiesa dovrà fare la sua parte nell’impegno alla formazione e allo scambio cultural-religioso. Prima del Concilio Vaticano II il dialogo interreligioso interessava pochi studiosi lungimiranti, ma dopo la dichiarazione “Nostra Aetate” - una sorpresa per tutti – cominciò un’opera lenta di crescita e di sensibilizzazione, culminata con i primi viaggi di Paolo VI nei paesi di religione non cristiana e poi con gli atti di grande pregnanza simbolica di Giovanni Paolo II (discorso ai giovani di Casablanca, incontro nella Sinagoga di Roma, preghiera per la pace di Assisi).
Oggi il cristianesimo, abbandonato ogni trionfalismo, può inaugurare un’efficace opera di riflessione sul dialogo interreligioso in un orizzonte di pluralismo di religioni che impareranno, giorno per giorno, a convivere su uno stesso territorio.
Infatti la civiltà occidentale moderna - cresciuta sotto il segno dell’ateismo e dell’indifferenza religiosa - si trova ora a dover fari i conti con una “sovrabbondanza” di religioni, con una sorta di rinnovata ricerca spirituale e di ritorno al sacro, con un risveglio di interesse per le religioni orientali.
L’esigenza di un approfondimento teologico
Se il confronto con l’ateismo aveva conferito alla riflessione teologica una dimensione prevalentemente apologetica, oggi la teologia è condotta a soffermarsi sull’individuazione e definizione della singolarità cristiana, sulla necessità di specificare l’oggetto del proprio “credo” in rapporto alla pluralità di fedi e di concezioni religiose con cui entra in contatto. In un certo senso la relazione con le altre religioni pone una questione ancora più fondamentale dell’ateismo, soprattutto tenendo conto del fatto che ogni credente, di ogni religione - e quindi anche il cristiano - ritiene la propria fede come unica vera.
Alcuni teologi non esitano a utilizzare la parola “ecumenismo” per designare il dialogo delle religioni nel mondo e parlano di “ecumenismo planetario”(A. Chenu) da non confondersi con l’ecumenismo interconfessionale delle religioni cristiane. L’uso del termine “ecumenismo” per il dialogo interreligioso richiama l’idea di un’abitazione comune, di un villaggio planetario in cui ogni popolo, razza, cultura assume le proprie responsabilità storiche.
La raffigurazione biblica che subito ci viene alla mente è la Torre di Babele. La superbia dell’uomo che pretende di ricongiungersi a Dio - dopo il peccato originale - con le sole proprie forze, fu punita da Dio con la confusione e la molteplicità delle lingue. Eppure Dio non smise di parlare agli uomini. Dio non smise di “farsi Verbo” per tutta l’umanità.
Le religioni non sono forse le “lingue” che Dio usa per farsi comprendere dalle diverse culture e civiltà?
Il criterio da cui partire per interpretare il pluralismo religioso è l’affermazione biblica della volontà salvifica di Dio su tutti gli uomini: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla verità (At 10,34-35).
Nelle religioni sono presenti valori di verità e di salvezza, posti da Dio stesso, che costituiscono le pietre angolari su cui basare il dialogo interreligioso.
Occorre dunque aprire una inedita riflessione teologica sul complesso tema del dialogo interreligioso, coscienti che “il dialogo fa parte della missione evangelizzatrice” (Redeptoris Missio, n. 55), con un’attenzione sempre più seria ed approfondita alla preparazione in campo teologico di tutti i credenti: sacerdoti, religiosi, laici, seguendo in particolare le linee direttive del Consiglio Pontificio per il Dialogo Interreligioso.
Si dovrà sostenere con vigore la presa di coscienza della propria identità cristiana, con particolare impegno verso la catechesi dei giovani, che sono sempre meno consapevoli della loro identità religiosa.
Si dovrà imparare a pensare - e quindi a trasmettere e testimoniare - il senso profondo della fede cristiana in categorie comprensibili a chi appartiene a culture diverse (uno dei problemi da affrontare sarà ad esempio, quello di aiutare i musulmani a distinguere fra occidente e cristianesimo).
L’impegno dei laici credenti sarà quello di formarsi e di formare altre persone capaci di coniugare l’impegno dell’annuncio e della missione cristiana con le esigenze del dialogo interreligioso, nel rispetto dell’identità religiosa di ognuno e senza scadere dalla testimonianza al proselitismo.
Per realizzare questi obiettivi occorre che la teologia del dialogo interreligioso sia inserita a pieno titolo nella preparazione teologica di preti e laici e nella catechesi.
Si tratterà di sollecitare e stimolare la riflessione e l’impegno di tutte le forze attive nelle comunità ecclesiali diocesane, elaborando iniziative, strategie, cammini. Le risorse su cui contare potrebbero essere individuate negli operatori pastorali, nei membri dei movimenti familiari e dei gruppi famiglia parrocchiali, negli animatori dei gruppi giovanili, negli insegnanti di religione, negli studenti della Facoltà Teologica e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose.
L’urgenza di un impegno pastorale
Occorre cominciare a pensare ad una pastorale dell’accoglienza che esca dall’emergenza ed impari ad affrontare con intelligenza e progettualità i problemi di una migrazione consolidata.
Uno degli aspetti più urgenti e importanti è il problema della famiglia e delle coppie miste e interreligiose. Occorre costruire un progetto di pastorale familiare che tenga conto del fenomeno e segua l’evoluzione delle differenti sensibilità nel modo di concepire la famiglia, i ruoli, le funzioni. Molto presto le comunità ecclesiali dovranno essere in grado di offrire cammini di preparazione e accompagnamento alle coppie miste.
Si dovrà essere sempre più attrezzati ad affrontare problemi concreti, come ad esempio l’inserimento dei ragazzi stranieri negli oratori, nei gruppi giovanili, nelle scuole cattoliche.
Atteggiamenti e vie di dialogo
Nella pratica dell’azione pastorale la ricerca di dialogo dovrà tenere conto di alcune “regole” di base quali:
Rispettare l’alterità, cogliendo le ricchezze e i semi di novità delle diverse religioni. Si dovrà evitare il rischio di sincretismo che conduce a trovare solo le similitudini fra le varie espressioni religiose.
Definire e approfondire la propria identità religiosa come impegno assoluto nei confronti della verità e rispettare l’identità delle altre fedi. Mai mettere la propria fede tra parentesi. Questo atteggiamento apre i cuori all’universale.
Essere consapevoli della tensione fondamentale che si crea fra il dialogo e la convinzione di possedere la verità. È necessario rammentare che il dialogo è sempre personale e quindi rispettoso della persona o della realtà verso cui attiva la comunicazione.
Ogni dialogo autentico deve affondare le proprie radici in alcuni atteggiamenti di fondo che possiamo così riassumere:
Accogliersi l’un l’altro;
Comprendersi gli uni gli altri;
Vivere insieme e condividere;
Osare e rischiare
Dialogare in presenza di Dio e riconciliarci gli uni con gli altri;
Diventare gli uni per gli altri testimoni esigenti;
Intraprendere l’impossibile ed accettare il provvisorio;
Avere il coraggio di puntare lo sguardo al di là di ogni orizzonte ed anche al di là del dialogo stesso.
A questo punto è possibile tracciare alcune piste di azione:
Il dialogo sulle urgenze dell’umanità contemporanea (pace, ecologia, sviluppo e sottosviluppo, ...)
In questo dialogo ogni religione scopre la sua responsabilità storica in rapporto alla salvezza del mondo. È un dialogo attivo, che mette cioè tutti e ciascuno in cammino per con-venire (Assisi ne è un esempio). È un dialogo che richiede ad ogni religione di uscire da sé stessa per mettersi in ascolto dell’umanità. È un dialogo delle “opere” dove si realizza una collaborazione in vista dello sviluppo e della liberazione integrale dell’uomo. È un dialogo che può essere fatto anche a livello di realtà locali (città, quartieri) per affrontare insieme problemi di convivenza civile, di emarginazione;
Il dialogo fra esperienze spirituali
Fra monaci ad esempio, ma anche fra persone laiche che, radicate nello loro tradizione religiosa, condividono le loro ricchezze spirituali, ad esempio in rapporto alla preghiera e alla contemplazione, alla fede ed alla via della ricerca dell’Assoluto. È un terreno di confronto molto profondo e fecondo;
Il dialogo di senso
Ogni espressione religiosa mentre incontra un’altra religione è invitata ad entrare in dialogo anche con sé stessa. Il dialogo con l’altro spinge ad approfondire la comprensione della propria religione. È un dialogo di Salvezza, perché la sua finalità è la ricerca comune di una Verità che supera tutto e tutti e di cui nessuno può dirsi proprietario. In questo senso il dialogo può spingersi su un piano dottrinale che non è sterile o solo intellettuale, ma conduce i protagonisti del dibattito ad una conversione personale, che li porta ad onorare meglio la verità e le pratiche a cui aderiscono e di cui stanno discutendo;
Il dialogo della vita
Sono le relazioni di buon vicinato, di quartiere, in cui le persone si sforzano di vivere in spirito di apertura, di tolleranza e di fraternità condividendo gioie e sofferenze, problemi e preoccupazioni umane. Per i cristiani questo dialogo diventa carità vissuta e quotidiana, è vivere il comandamento dell’amore. Questa fraternità fra persone di diversa cultura e confessione religiosa è già un’anticipazione del Regno (Paola Giani e Maria Adele Roggero).