Donna


 

Donna


Vorrei quest’anno - insieme a tutte le Comunità Parrocchiali della Diocesi e a tutte le persone di buona volontà - volgere lo sguardo alle diverse forme di emarginazione e sofferenza che toccano la donna nella sua profonda dignità e peculiarità personali. Del resto il cammino che ci conduce al Natale, al di là di facili e ormai consumistici atteggiamenti di emotività esasperata, ci vede in compagnia di una donna: la Vergine Madre, alle prese con l’evento sconvolgente della maternità, accolto nella fede personale, ma emarginato dallo sguardo ben pensante degli altri, della società.


Con Maria, madre in attesa dell’evento di vita che rinnoverà e rivitalizzerà la storia del mondo, vogliamo rivolgerci a Gesù, lasciarci interrogare ed imparare dal suo atteggiamento: è quanto l’evangelista Giovanni nell’incontro con la Samaritana pone in evidenza: «Si meravigliavano che discorresse con una donna».


È su questa meraviglia che vorrei porre l’attenzione: si meravigliavano che parlasse con una donna di Samaria; si meravigliavano che accettasse un atto di delicatissimo omaggio alla sua persona da parte della peccatrice; si meravigliavano che non ponesse uno sguardo accusatorio sull’adultera; si meravigliavano che si lasciasse toccare dall’impurità della donna affetta da emorragia. Gesù entra nella situazione concreta e storica della donna sofferente: la risolleva alla propria dignità originaria, al suo essere donna, quale parte di una dimensione antropologica comunitaria; specchio della comunità trinitaria, di una reciprocità personale fatta di uguale dignità. Questa dignità - nell’agire di Cristo - è risollevata nell’affidamento diretto alla stessa donna, quale soggetto per sé responsabile e da ricondurre alla responsabilità del proprio destino e della propria dignità. È questo cammino di liberazione e promozione personale che crea meraviglia. Dobbiamo fare molta attenzione a quei sentimenti di meraviglia: quante volte - inconsapevolmente - ce ne troviamo noi stessi prigionieri, come i discepoli di Gesù; per contro - interrogativamente - quante volte siamo effettivamente in grado di generare la stessa meraviglia in un mondo che ci conduce più alle divisioni interne e nelle relazioni, che non al creare unità e comunità. Generare meraviglia per una conversione comunitaria, personale, spirituale, culturale, che ci vedrebbe tutti schierati sul fronte delle sofferenze terribili, che in questa nostra società locale di inizio millennio la donna ancora si trova a vivere.


Non possiamo dimenticare tutte le donne che vivranno il Natale segregate nelle carceri: conseguenza di un loro responsabile atto di peccato; ma questo non è sufficiente per dimenticarle, per non farle destinatarie di un atto di attenzione, amore fraterno ed accoglienza comunitaria riabilitativa. Non possiamo neppure far finta di nulla, percorrendo le strade della nostra Diocesi, quando troviamo ai crocicchi ragazze schiavizzate dalla prostituzione: le schiave del nuovo millennio, ragazze giovani, obbligate a vendere il proprio corpo, a dispetto di un luogo comune che si nutre di una apparenza scandalosa; ma più scandaloso è il dolore di una dignità di donna che si fa cosa nel corpo e con il corpo. Non possiamo lottare per la vita e dimenticare nei fatti tutte quelle ragazze e quelle donne che  coraggiosamente non rinunciano ad una maternità difficile, osteggiata, abbandonata. Non possiamo non impietosirci per tutte quelle donne che nel segreto della propria casa invece di vivere l’esperienza dell’intimità familiare soffrono la lacerazione di un’esperienza di vita che sta naufragando in violenze, maltrattamenti ed espulsioni. Non possiamo e non vogliamo dimenticare dinnanzi all’umile dimora di Betlem tutte queste donne che soffrono; e neppure vogliamo accontentarci di sole parole: vogliamo insieme una reale conversione dei cuori, azioni concrete, sull’esempio di Gesù, azioni di accoglienza: da vivere insieme come espressione della nostra fede, del nostro essere comunione, del nostro essere Chiesa che concretamente vive e si incarna sul territorio. Questo sarà il nostro Natale: la festa del Dio con noi, che si può incarnare nella nostra effettiva ed incarnata presenza sulle strade di sofferenza ed esclusione della nostra Diocesi.


Come Maria e con Maria, donna dell’accoglienza, che ben conosce il soffrire dell’esclusione e del dolore umano. Ma anche e soprattutto donna della fiducia e della vera gioia, a cui affidiamo le nostre vite e le nostre Comunità incamminate sulle strade dell’accoglienza (+ Claudio Baggini, Vescovo di Vigevano).