Eucaristia e mobilità umana


 

Eucaristia e mobilità umana

Nell’attuale panorama mondiale assistiamo a trasformazioni sociali e politiche così grandi da suscitare l’impressione che all’orizzonte della storia stia per comparire una nuova umanità. Questo evento ci entusiasma e insieme ci preoccupa. Uno dei maggiori elementi di novità che contrassegnano la nostra epoca è il crescente e inarrestabile processo di interazione e di scambio del genere umano. Cadono le frontiere nazionali, popoli e razze si mescolano, si confrontano le culture, si creano organismi sovranazionali, si ricerca un diritto internazionale, interi continenti sono sospinti verso l’unificazione sociale, politica e, soprattutto, economica, che va sotto il nome di “globalizzazione”.i

In questi tempi si va formando un unico mercato mondiale delle merci e delle idee. È un grande vantaggio, ovviamente, ma questo processo comporta anche dei rischi.ii La diversità infatti è indubbiamente fonte di ricchezza: è il confronto di idee diverse che fa progredire la scienza; è il pluralismo che rende feconda la democrazia; è la concorrenza che fa prosperare l’economia.iii Ma l’abbattimento delle frontiere spesso non coincide con la “globalizzazione della solidarietà”:iv infatti, si emanano misure sempre più restrittive nei confronti dei migranti e dei rifugiati; si adottano procedure sempre più severe per impedire ai disagiati dei Paesi poveri del mondo la partecipazione al benessere dei Paesi ricchi; la diversità dello straniero è considerata spesso come una minaccia, equivalente a criminalità e degrado, piuttosto che come beneficio di mutuo arricchimento.v

La Chiesa Cattolica non è solo “sparsa nei cinque continenti”, come afferma la Prefazione dell’Instrumentum Laboris, ma è pure in movimento fra di essi e il sacramento dell’Eucaristia le si offre come centro di unificazione, punto di convergenza, dimensione qualificata dell’accoglienza delle diversità nell’unità.vi Le comunità cristiane delle origini avevano già avvertito questa dimensione irrinunciabile dell’Eucaristia, enunciandola sotto forma di invocazione con queste parole: «nel modo in cui questo pane spezzato era sparso qua e là sopra i colli e raccolto divenne una sola cosa, così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno dai confini della terra».vii

Soprattutto nei contesti dove è maggiormente presente il fenomeno delle migrazioni, volontarie o forzate, è sempre più evidente che la relazione tra l’Eucaristia e la comunità che la celebra non è statica, ma dinamica e attiva. Uomini e donne in movimento, con proprie modalità, che si radicano nella cultura, nella tradizione, nel rito proprio, nell’uso della lingua vernacola, nella devozione popolare, trovano nella celebrazione dell’Eucaristia il punto fermo della loro vita, spesso frammentata e sconvolta:viii è Gesù Cristo incarnato, morto e risorto, «tutto intero… sostanzialmente presente nella realtà del suo Corpo e del suo Sangue».ix Per questo, non basta dire che l’Eucaristia sta al centro della comunità cristiana, bisogna anche dire che la Chiesa sta al centro dell’Eucaristia! Come il sacramento del battesimo fa crescere la comunità cristiana quantitativamente, così l’Eucaristia la fa crescere qualitativamente, in intensità, poiché la conforma all’immagine del suo Capo e Sposo, Gesù Cristo.x

La storia della salvezza, nella quale anche le migrazioni hanno un posto importante,xi ha al suo centro il sacrificio pasquale del Figlio di Dio e la sua risurrezione e, pertanto, l’Eucaristia vi occupa un posto centrale. L’Eucaristia è coestensiva alla storia della salvezza, nel senso che tutta la storia della salvezza è presente nell’Eucaristia e l’Eucaristia è presente in tutta la storia della salvezza, che inizia dalla creazione e si dirige verso il dono supremo, che è Cristo. Infine, l’Eucaristia tende verso il futuro escatologico, in quanto pregustazione del banchetto del Regno, al quale l’umanità intera è chiamata a partecipare.xii Essa ci proietta a vivere il “già” e il “non ancora”, impegnandoci nel presente storico ad un adeguato e autentico processo di inculturazione, che implica la dimensione della sofferenza e del dolore, riflesso e sintesi del dinamismo sacrificale dell’Eucaristia.xiii

Da una parte, tutto tende verso il dono per eccellenza, verso il Cristo Eucaristico, dalla creazione fino alla parusia. Dall’altra, tutto sgorga dal Cristo Eucaristico come da una fonte che «zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). In primo luogo, si evidenzia come la partecipazione dei fedeli all’Eucaristia non sia punto di partenza, ma di arrivo, quale culmine di tutto l’apostolato della Chiesa (Sacrosanctum Concilium 10). Nello stesso tempo, questa partecipazione al mistero eucaristico è il principio di tutta la vita cristiana autentica e un modo particolare di vivere la comunione fraterna «nella pressante carità di Cristo» (Sacrosanctum Concilium 10),xiv dove l’amore genuino insegna a «coprire, sperare, credere e sopportare» (1Cor 13,7), nelle vicende liete e in quelle marcate dalla tristezza e dalla sofferenza.xv

L’Eucaristia celebrata con e dai nostri fratelli e sorelle in mobilità è legame di fraternità e sorgente di accoglienza e comunione, di solidarietà e di compartecipazione con i poveri. È anche fonte di opere buone, di dirittura nell’azione, in quanto conduce alla testimonianza dei valori evangelici nel mondo, in unità delle tre dimensioni della vita cristiana, cioè liturgia-martyria-diaconia, per una nuova evangelizzazione, nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione.xvi

Ecco, allora, che l’Eucaristia manifesta il significato dell’esistenza cristiana sulla terra come momento nel quale la Chiesa sperimenta il suo essere in cammino, “viandante”, “emigrante”, “pellegrina”. L’Eucaristia è, dunque, “l’alimento dei pellegrini”, il sacramento dell’esodo che continua, il sacramento pasquale, cioè del “passaggio”, fino a raggiungere “l’eredità eterna” del Regno di Dio nella comunione dei Santi.xvii (Intervento di S. Em. Card. Stephen Fumio Hamao, Presidente del PCPM alla seconda Congregazione generale del Sinodo dei Vescovi (XI Assemblea Generale Ordinaria), dedicato a “L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”, 3 ottobre 2005. Riportato in “Migranti Press”, XXVII, 40, 01-07.10.05).

i Nella categoria della mobilità umana si rendono presenti anzitutto i migranti (quelli interni e internazionali, i rifugiati, i profughi, gli sfollati, gli studenti esteri), ma anche coloro che vivono condizioni di itineranza (nomadi, circensi, lunaparchisti), marittimi (pescatori, marinai, croceristi, gente del piccolo cabotaggio, ecc.), operatori dell’aria (aeroportuali, equipaggi e passeggeri di aeromobili) e della strada (automobilisti, passeggeri e lavoratori di ferrovia e mezzi di trasporto, donne e ragazzi di strada, gente senza fissa dimora), nonché turisti e pellegrini. Cfr Pontificia Commissione per la Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, Chiesa e mobilità umana, Città del Vaticano 1978; Pastor Bonus artt. 149-151.

ii Di questo vasto fenomeno, che esige una risposta pastorale specifica, accanto e con la cura ordinaria territoriale, v’è cenno nel primo capitolo dell’Instrumentum LaborisFame del pane di Dio»), quando si fa menzione delle «avversità dei migranti» e anche, più estesamente, al n. 81 in cui si parla di «gruppi di migranti» e di parrocchie “etniche”, sebbene con linguaggio piuttosto riduttivo. Nel documento di lavoro c’è anche deplorazione per il proselitismo fra gli immigrati cattolici (n. 86).

iii Questa planetarizzazione è accompagnata da mutamenti rapidi e continui delle direttrici dei flussi: la facilità dei viaggi e delle comunicazioni, l’impatto della tecnologia e dell’informatica, i rapidi cambiamenti socio-politici fanno spostare in continuazione i lavoratori, tanto che l’immagine dominante nel futuro può essere quella del “lavoratore senza fissa dimora”, risultato di una cultura in cui sembra vietato essere ancorati a strutture solide. Il lavoratore migrante è considerato, oggi forse più che in passato, come una macchina da lavoro da utilizzare a pieno ritmo, da tenere in deposito o da scartare, a seconda delle esigenze del mercato. Si tratta di uomini e donne che accettano condizioni di vita e di lavoro insostenibili, perché dettano legge fame e povertà. Tutto ciò fu profeticamente intuito da Pio XII, con la sua Costituzione Apostolica Exsul Familia, e l’attenzione, poi, del Concilio Ecumenico Vaticano II, del Motu Proprio Pastoralis migratorum cura, con la relativa Istruzione, fino a giungere, lo scorso anno, all’Istruzione Erga migrantes caritas Christi (in particolare cfr nn. 12-33).

iv L’espressione è di Giovanni Paolo II, Pastores Gregis nn. 63.69.

v Giusto per inquadrare le dimensioni di questo importante oggetto-soggetto della specifica pastorale ecclesiale della mobilità umana, basterà ricordare che si calcolano al presente oltre 200 milioni di migranti, circa 30-50 milioni di persone impegnate nella pesca industriale e artigianale, circa 30 milioni di nomadi. Infine, nell’anno 2004, sono stati registrati oltre 700 milioni di turisti internazionali. Il numero dei cattolici, nel fenomeno globale, rappresenta una percentuale di forte rilievo.

vi «Nel mondo odierno globalizzato, come si dice, poco solidale e condizionato dalla tecnologia sempre più sofisticata, marcato dal terrorismo internazionale ed altre forme di violenza e di sfruttamento, l’Eucaristia mantiene il suo messaggio attuale, necessario per costruire una società ove prevalgano la comunione, la solidarietà, la libertà, il rispetto per le persone, la speranza e la fiducia in Dio»: Instrumentum Laboris n. 79.

vii Didaché, IX, 4.

viii A tale proposito, è necessario adottare un criterio di flessibilità, che dia modo ai fedeli di esprimere la verità del mistero eucaristico, senza troppo enfatizzare la struttura rituale della celebrazione (cfr Instrumentum Laboris nn. 59.80). Ciò si dica anche per quanto riguarda l’uso della lingua latina (n. 81) e del canto gregoriano (n. 61). Il compito di vigilare sulla corretta celebrazione dell’Eucaristia sia raccomandato ai Vescovi diocesani o eparchiali /Conferenze Episcopali o competenti Strutture Gerarchiche delle Chiese Orientali Cattoliche. Per quanto riguarda i migranti, può essere utile il rimando all’Istruzione Erga migrantes caritas Christi nn. 34-36, circa l’inculturazione e il pluralismo culturale e religioso, e soprattutto i nn. 44-48 sulla liturgia e religiosità popolare, nonché i nn. 89-90 circa l’unità nella pluralità.

ix Instrumentum Laboris n. 39.

x Nel documento finale del Congresso Internazionale sulla pastorale per i nomadi, promosso dal nostro Dicastero, a Budapest nel 2003, si legge: «Più volte, nel corso del congresso, è apparsa la necessità di rispondere seriamente alla sfida pastorale che costituisce l’adattamento legittimo della Santa Liturgia, dell’Omelia e pure della catechesi, alla mentalità, agli usi e costumi, alla religiosità popolare, alla propensione alla festa e al pellegrinaggio, ecc., degli zingari. Senza precludere il cammino per soluzioni con tempi più lunghi, in comunione con la Santa Sede e la Gerarchia locale, il Congresso raccomanda di procedere già in quegli spazi lasciati alla creatività e al genio popolare e culturale di ciascun popolo, all’interno dello stesso Rito latino, senza trascurare il patrimonio delle Chiese Cattoliche Orientali. Ciò vale per la celebrazione eucaristica e anche per l’amministrazione dei Sacramenti»: People on the Move, Supplemento n. 93, p. 353.

xi A questo proposito, cfr Erga migrantes caritas Christi nn. 14-18.

xii Cfr Is 25,6-7; Mt 8,11. «Un pegno di questa speranza e un alimento per il cammino il Signore lo lasciò ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli alimenti naturali coltivati dall’uomo vengono trasformati nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo»: Gaudium et Spes n. 38.

xiii A ragione, l’Instrumentum Laboris precisa che «l’inculturazione, quindi, non è un semplice adattamento, ma il risultato vivo dell’incontro vissuto tra la cultura di un certo ambiente e la cultura generata dal Vangelo» (n. 80).

xiv Il monito del Servo di Dio Giovanni Paolo II risuona ancora altamente significativo: «Superando gli imperialismi di ogni tipo e i propositi di conservare la propria egemonia, le Nazioni più forti e più dotate debbono sentirsi moralmente responsabili delle altre, affinché sia instaurato un vero sistema internazionale, che si regga sul fondamento dell’eguaglianza di tutti i popoli e sul necessario rispetto delle loro legittime differenze.(…) La solidarietà ci aiuta a vedere l’"altro” - persona, popolo o Nazione - non come uno strumento qualsiasi, per sfruttarne a basso costo la capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più ma come un nostro “simile”, un “aiuto” (Gen 2,18), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio»: Sollicitudo rei socialis, n. 39.

xv «Nel mondo attuale in cui non mancano motivi di divisione e di diversificazione, anche legittima, è opportuno che i cristiani radunati intorno alla mensa del Signore riscoprano le loro comuni radici, che si trovano in Lui»: Instrumentum Laboris n. 83.

xvi Cfr Giovanni Paolo II, AAS 75 (1983) 777-779 e Erga migrantes caritas Christi nn. 96-100.

xvii Il riferimento è alla Preghiera Eucaristica I o Canone Romano.