Missionario dei migranti
Missionario dei migrantiAvevo un amico, in campagna, da piccolo: un vecchio albero, vicino a casa. Un tronco basso e nodoso che a fatica, d’autunno, sosteneva o piuttosto sembrava offrire, un enorme carico di rami e di mele. Un bell’albero da frutta... dicevano tutti. Ricordarlo, mi fa ancora pensare.Essere missionario scalabriniano è sentirmi chiamato a un servizio nella Chiesa, Popolo di Dio. Come quell’albero, è sentirsmi forte da sostenere la fede di comunità di uomini e di donne che hanno lasciato la loro terra, di migranti. Accompagnarne la speranza. E vivere con loro e con quelli che ci accolgono una fraternità, che riveli tra noi il Dio dell’unità, dell’accoglienza, del perdono.Come quel tronco di melo, è presentare la vita di lavoro e i suoi frutti di gente che vive da straniera. A un Dio, che è Padre di ogni uomo. Ed è ricordare, nell’umiltà, le radici che ci danno vita: Il Signore risorto, vivente ancora tra noi, quando il suo amore ci unisce...Vivere da missionario scalabriniano è sentire la linfa di cent’anni e più di lavoro, di sacrificio, di passione di tanti altri missionari. Testimoni di sacrifici ancora più grandi del nostro popolo, che ha emigrato altrove per cercare da altri pane e solidarietà. Ma saper condividere insieme è il segno più vero della Sua presenza fra gli uomini, dopo averci lasciato, quella sera di Emmaus...E così condividere ancora oggi con voi, che emigrate e con voi, che ci accogliete, il valore di una strada fatta insieme. Di un rapporto tra noi più umano e più giusto in ciò che insieme dobbiamo vivere. Essere missionario è un servizio di comunione tra uomini e culture differenti. Pensando a quanti, uomini e donne di buona volontà, costruiscono ovunque il Regno di Dio.Perché ovunque i ciechi vedono, gli storpi camminano, gli emarginati ritrovano la nostra solidarietà, i migranti la dignità di essere uomini è qualcosa di nuovo che nasce. L’annuncio di una Buona Novella (P. Renato Zilio, cs).