Pedagogia interculturale


Interculturalità non è più una parola vaga. 

Basta ascoltare i problemi di coscienza di un medico: cosa fare quando gli si chiede di operare delle «mutilazioni sessuali» su donne straniere? Come si pone il maestro di scuola di fronte allo sfruttamento dei suoi alunni cinesi, costretti a fare i pellettieri dopo le lezioni? Qual è la reazione di un’insegnante donna a cui il fondamentalista islamico rifiuta di porgere la mano destra in segno di saluto?

Bastano questi esempi per capire che l’attenzione alle diverse culture è forse la più difficile di tutte, ma è anche la più importante. Senza di essa, infatti, in un mondo multiculturale com’è il nostro, non si riuscirebbe a stabilire alcuna forma di comunicazione.Per avviare una vera forma di comunicazione tra culture diverse, cioè una società interculturale, è necessario cercare quei punti di vista comuni, quei principi che valgono per tutti, indipendentemente dalle differenze e dalle religioni.In questo ambito si colloca la «pedagogia interculturale», che riflette sui processi educativi in presenza di culture diverse da quelle maggioritarie. 

La pedagogia interculturale coinvolge sia gli autoctoni, sia gli stranieri. I primi perché, imparando a conoscere le culture «altre», imparano a conoscere di più se stessi. Gli stranieri, perché promuove in essi la consapevolezza di aver diritto al rispetto della “diversità”.La pedagogia interculturale, quindi, rimanda a un’idea di educazione più vasta della semplice trasmissione del sapere. 

Essa coinvolge l’idea di relazione, che rappresenta l’anima più profonda dell’educazione: nessuno, infatti, ha mai imparato nulla se non è stato destinatario delle attenzioni, delle preoccupazioni, degli affetti di qualcuno.Nel contesto della pedagogia interculturale è possibile individuare tre parole chiave: interazione, reciprocazione e accettazione.Interazione significa «agire con», per fare e per pensare insieme, per collaborare e per progettare, ma anche per discutere e per mostrare disaccordo.

Reciprocazione esprime uno scambio di informazioni e di sapere, di risorse e di possibilità.Accettazione, infine, presuppone l’accoglienza dell’altro, delle reciproche differenze, purché esse non ledano i diritti dell’uomo e del cittadino.Fare pedagogia interculturale non è poi così difficile. 

C’e una modalità esemplare e una più quotidiana. La prima si attua negli incontri e nei confronti che prevedono manifestazioni di autoriconoscimento e comunicazione delle reciproche differenze. La seconda modalità si attua instaurando climi e relazioni interetniche; organizzando occasioni di incontro e contatto; mostrando attenzione per quanto gli altri hanno da raccontare a noi e per quanto noi abbiamo da raccontare a loro. Infatti, quando due mondi si incontrano veramente, in senso esperienziale, dal loro incontro scaturiscono altri mondi.

La pedagogia interculturale è quindi, essenzialmente, un’intenzione comunicativa, cioè un desiderio di andare verso l’altro per comunicare, evitando la tendenza a rinchiudersi nelle reciproche “tane”, anche culturali. Tale pedagogia è anche un’azione militante, perché il suo intento principale è di evitare l’illusione che le cose si «accomodino da sole». Soprattutto, è un’azione che si costruisce insieme con gli immigrati, non solo per loro (Duccio Demetrio, Pedagogia interculturale, “Messaggero di sant’Antonio”, 6/2000, p. 20).