Rut
“L’apertura trascendentale a Dio si attualizza di fatto e necessariamente nella mediazione categoriale di Dio”, ha scritto il teologo spagnolo Juan Luis De La Peña in “Imagen de Dios”.
Noemi probabilmente non si sarebbe espressa in questi termini. Eppure, attraverso la sua nuora Rut, Noemi viene ad avere un’altra immagine di Dio, a conoscere Dio in modo nuovo: non più un Dio di carestia ma un Dio d’abbondanza. Non più un Dio di infelicità ma un Dio di gioia. Non più un Dio di abbandono ma un Dio di comunione. Non un Dio di morte ma un Dio di vita.
Non più un Dio nemico ma una presenza amica.“Chiamatemi Mara”, dice Noemi alle donne del paese che la accolgono al suo ritorno in Patria, “perché Dio onnipotente ha reso amara la mia vita... Perché mi chiamate Noemi se l’Onnipotente mi ha reso infelice?”. Noemi fa parte di quella schiera di sradicati, costretti a migrare in cerca di pane. Lontana dalla sua terra, ha perso suo marito, le sono morti i figli e lo spettro della fame torna a visitarla. Sola e amareggiata decide di tornare in patria: una delle tante fallite ai margini della storia.
Tuttavia, Noemi desidera un’altra sorte per le sue nuore; se loro tornassero dalla madre potrebbero risposarsi, mettere su famiglia, rifarsi una vita. “Tornate a casa”, è infatti il consiglio che dà. Rut però non ne vuole sapere dei consigli della suocera. È stata colpita dalle parole della donna anziana: “Che il Signore sia buono con me, come voi siete state buone con me e i miei morti”.
Non se la sente, Rut, di lasciare Noemi così, sola, abbandonata persino dal Signore onnipotente.Senza pregiudizi e senza riserve, Rut si schiera dalla parte della donna anziana: “Dove andrai tu verrò anch’io, dove abiterai tu abiterò anch’io, il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà anche il mio”.Scegliendo di condividere il futuro di Noemi, Rut fa una scelta sorprendente: non solo fa sua la vita della fallita Noemi (l’emigrata che torna in patria a mani vuote), ma scommette sullo stesso Dio di Noemi, quel Dio che finora, si era rivelato fonte di disgrazia e di dolore. Che avesse intuito, al di là del Signore Onnipotente, un Dio dal volto umano?
Un Dio capace, attraverso le vicissitudini di donne e uomini - una combinazione di leggi, sotterfugi e seduzioni - di trasformare la penuria in abbondanza, la tristezza in felicità, la morte in vita?È attraverso la donna Rut, infatti, che Dio si rivela, in questa storia, come presenza amica, come comunione solidale, come futuro nuovo.
Dicendo “il tuo Dio sarà il mio Dio”, Rut non contava sul fatto che diventava ella stessa immagine di Dio, attualizzazione della “apertura trascendentale a Dio”. Ciò che è suggerito dalle donne del paese, testimoni di tale trasformazione teologica: “Glorificate il Signore! Egli ti ha dato oggi chi si prenderà cura di te... La tua nuora ti ama e vale per te più di sette figli”. Mediante Rut, Dio è entrato di nuovo nella storia (E. E. Green, Rut, immagine di Dio, “Italiacaritas”, 6, 1998, p. 10).