Sororità


“Sororità” — parola poco usata nel linguaggio comune — dice relazione di amicizia, di solidarietà, di comunione “al femminile” tra sorelle, e tra sorelle e fratelli. Tale relazione è vissuta sia a livello di rapporti familiari e di sangue, sia a livello di sororità umana e nella fede tra persone che vivono nello stesso luogo o ambiente, oppure tra persone geograficamente e culturalmente distanti, o ancora tra persone vissute in epoche diverse. 

Le S. Scritture parlano di entrambe le forme sororità. Qui mi soffermo sulla relazione di sororità nella fede, cioè fondata, vissuta e rigenerata nella fede in Dio Trinità e nella sequela di Cristo Gesù, primo nostro fratello: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” (Matteo 12,50). Non dimenticando, però, che la fede discerne e ritesse nella prospettiva di un amore fedele, gratuito e totale anche le relazioni familiari: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14,26). 

E tenendo presente che modello autentico di sororità umana e nella fede è Maria di Nazareth, la madre del Signore, “nostra sorella amica nell’umanità... che ci affratella a Cristo” (Paolo VI).Nel segno della comunione interpersonale…Secondo Genesi 1,27 l’umanità creata ad immagine di Dio, mostra tale immagine nella relazione maschio-femmina: “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”. Dio è relazione di Amore con l’umanità (Deuteronomio 4,32-40; 4,4-5; Osea 2,16; 1Giovanni 4,8.16): è questa la Sua immagine, che ha plasmato e scolpito nell’umanità. 

Se non vive relazioni autentiche di amore e di comunione, l’umanità perde i suoi connotati di umanità vera, non rivela più la traccia dell’immagine di Dio, cade nella menzogna e nell’idolatria di sé, si disumanizza fino ad autodistruggersi (Genesi 3). Merita di essere un po’ approfondita questa visione di umanità. Un’ apertura coerente è proposta dalla pagina di Genesi 2,18-25. Qui l’uomo viene liberato dal suo isolamento attraverso quel particolare dono salvifico di Dio (“gli voglio fare un aiuto...”) che è la presenza della donna: Dio gli pone accanto una persona fatta della stessa natura dell’uomo ma nello stesso tempo diversa dall’uomo (“La si chiamerà donna...”), con la quale l’uomo può stabilire un rapporto dialogico alla pari. La presenza della donna — dono di Dio all’uomo — salva l’uomo dall’isolamento e dall’incomunicabilità. 

Non è semplicemente una presenza che “risveglia” l’affettività, ma anche un presenza che apre alla comunione profonda, totale, universale, fisica e spirituale. Non a caso nelle S. Scritture più volte la fidanzata-sposa è chiamata anche “amica” e “sorella” (ad esempio Cantico dei Cantici 4,9-12; 5,1-2; 8,8; Tobia 7,12), come a dire: la donna-sposa-madre cifra dell’umanità che riassumere in sé tutte le relazioni interpersonali, tutte le dimensioni dell’amore, fino a quelle più disinteressate e gratuite, come nel caso dell’amicizia e della sororità.

Dunque, vivere nell’orizzonte di una comunione interpersonale vera è possibile, a condizione che l’uno sappia stare accanto all’altro, l’uno sappia vivere per l’altro, nella stima reciproca dei due che si riconoscono uguali e diversi, e nel reciproco “scambio di doni”, dove l’uno dona all’altro quello che è, quello che ha e quello che fa. …alla Presenza di un TerzoQuesta comunione interpersonale, però, non è chiusa tra i due, bensì aperta ad un Terzo, cioè a Dio. È lui, infatti, che ha giudicato negativo l’isolamento donando la donna all’uomo. 

È lui che con la sua presenza plasma e tiene in vita la comunione. I due devono contemplare il suo Volto per rassomigliare a Lui che è Amore, somiglianza resa visibile nel Volto di Cristo Gesù: “Dove due o tre sono riuniti nel mio Nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18,20); “uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli” (Matteo 23,8). Al riguardo è molto significativa un’interpretazione rabbinica dell’immagine dell’Arca Santa (Esodo 25,17-21). 

Essa , si afferma, è composta da tre elementi: lo scrigno che contiene le tavole della Torah, due cherubini — uno maschio e uno femmina — situati da una parte e dall’altra dell’Arca, l’uno di fronte all’altro con gli occhi rivolti verso il basso, cioè verso la Torah: per questo la loro unione è solida ed eterna. “Questa “unità dei due”, che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell’uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina. 

Questa somiglianza è stata inscritta come qualità dell’essere personale di tutt’e due, dell’uomo e della donna, ed insieme come una chiamata e un compito” (Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem, 7).Nel segno della sapienza di DioSi dice: “la sapienza è donna”. Dal punto di vista simbolico è vero. In quanto cifra dell’umanità (sposa-madre-amica-sorella) e traccia del Volto di Dio (aiuto-dono di Dio all’uomo), la donna è diventata, in un certo senso, la “grammatica” per poter parlare della Sapienza di Dio. Si sa che le S. Scritture non hanno paura a descrivere la Sapienza di Dio con tratti “femminili” (“...ho cercato di prendermela come sposa, mi sono innamorato della sua bellezza...”, Sapienza 8,2), fino ad esortare: “Di’ alla sapienza: “Tu sei mia sorella” e chiama amica l’intelligenza” (Proverbi 7,4). 

La Sapienza non è semplicemente il dono di un’intelligenza pratica, ma, molto di più, la capacità di riscoprire il Senso della vita alla luce della Parola, l’ “arte del saper vivere la vita”, in particolare i giorni più feriali e quotidiani, nella prospettiva della fede ricevuta dai padri. La massima che sintetizza tutto questo è: “Il timore di Dio è il principio della sapienza” (Proverbi 1,7), dove “timore di Dio” è sinonimo di fede/fiducia in Dio e di amore/adorazione di Dio. Se accolta, la sapienza “forma amici di Dio e profeti” (Sapienza 7,27), trasfigura l’esistenza umana con la luce della bellezza di Dio (Proverbi 1,9; Sapienza 8,2), insegna ad amare la vita, la prudenza, la giustizia e la fortezza (Sapienza 8,7).

Ebbene, la storia della salvezza, assieme a figure maschili “sapienti” ama anche narrare di figure femminili “sapienti”— nonostante la predominanza della cultura maschilista e patriarcale, ma proprio per questo tali narrazioni, a volte ampie a volte brevi, sono di valore. 

Chi sono queste donne? Facciamo memoria di alcune di esse.Sorelle che hanno sperimentato nella propria carne “sterile” come il futuro di Dio non sempre segue i criteri del futuro dell’uomo: Sara la moglie di Abramo, Rachele la moglie di Giacobbe, la madre di Sansone, Anna la madre di Samuele, Elisabetta la cugina di Maria di Nazareth.Sorelle testimoni dell’azione liberatrice di Dio a favore del suo popolo: Maria profetessa sorella di Mosè, Deborah profetessa e giudice, Giuditta, la regina Ester, la Samaritana che Gesù incontrò al pozzo, Gazzella, Lidia.Sorelle ospitali e amanti della vita: Racab, la vedova di Zarepta che accolse Elia, la Sunammita che accolse Eliseo, Tamar, Betsabea.Sorelle fedeli all’Alleanza: Rut, Susanna.Sorelle “madri-coraggio” per la morte dei propri figli: Rizpà madre di due figli giustiziati dai gabaoniti sotto il regno di Davide e la madre di sette figli martiri torturati sotto Antioco Epifane IV.

Sorelle discepole al servizio dell’evangelo di Gesù: la profetessa Anna che parlava di Gesù a quanti aspettava la redenzione di Gerusalemme, la suocera di Pietro guarita da Gesù, le sorelle Marta e Maria, la vedova povera che fa la sua offerta nel tempio, la donna di Betania che unse Gesù, Maria di Magdala e altre donne che ricevettero per prime l’annuncio della Risurrezione, Priscilla, Febe, Giunia, Stefana, Evòdia, Sìntiche, Appia, Trifena e Trifosa collaboratrici dell’apostolo Paolo, nella casa di alcune di loro si riuniva la comunità cristiana del luogo.”Con Maria, la madre di Gesù” (Atti 1,14)Non solo con tutti i Patriarchi e i Profeti, ma anche con tutte le donne della storia della salvezza, attraverso le quali si è manifestata la sapienza di Dio, Maria di Nazareth è sorella nella fede. 

È “sorella” di Sara che ha partorito Isacco, “Sorriso di Dio”, come lo è Gesù per tutta l’umanità. È “sorella” di Maria, la sorella di Mosè, è “sorella” di Deborah, di Giuditta, di Anna la madre di Samuele: con loro canta il canto profetico del Magnificat a Dio salvatore e liberatore degli umili. 

È “sorella” di tutte le “madri-coraggio” della storia che hanno visto condannare ingiustamente i propri figli e figlie. 

È “sorella” di tutti coloro — uomini e donne — che sono alla ricerca del Senso della vita, di tutti coloro che, ieri come oggi, camminano pellegrini nella notte oscura della fede.“La Madonna, oltre quella della sua grandezza ebbe simultaneamente coscienza della sua umiltà, di quel che è una creatura davanti a Dio. È questo che rende Maria così vicina a noi. È nostra, è sorella, è madre proprio per questa sua intenzionale umiltà. La grandezza di Maria non ci allontana, non ci dà il senso dell’estraneità e nella devozione s’accumulano due atteggiamenti: di ammirazione e di confidenza. La Madonna... è stata donna anche lei, ha camminato per le vie di questo mondo, ha sentito il peso della storia intorno a lei” (Paolo VI) (“Sororità nella fede. Un itinerario biblico” http://www.madonnadelcarmine.net/italiano/rivista/archivio/03.html).