Quale discepolato - 30.06.2013
Paolo Curtaz
XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/06/2013)
Vangelo: Lc 9,51-62
È l'opinione di moltissimi: Francesco è entrato nel cuore di tanti, anche di persone scettiche e lontane della Chiesa.
In realtà tutti quelli che vanno oltre l'apparenza sanno bene che Francesco dice ciò che diceva Benedetto e Giovanni Paolo. Il vangelo è lo stesso. Ovvio.
Ma ciò che forse mancava era un discepolo che avesse il dono di tornare all'essenziale. Di essere credibile. Di essere suo. Di lasciare le cose seconde e terze al secondo e terzo posto.
Ci ha pensato lo Spirito.
Il vangelo oggi parla del discepolato.
Ahia
Diventare discepoli del Dio di Gesù è un impegno che dura tutta la vita.
Gesù non è un rabbì bramoso di discepoli, né abbassa il tiro per raccogliere la folla, né cede a compromessi per suscitare consensi: diversamente dai guru di ieri e di oggi non desidera essere famoso, né di avere attorno a sé folle plaudenti.
Egli vuole solo annunciare il Regno, mostrare lo splendido e inatteso volto del Padre. Anche quando questo costa fatica e sangue.
Contrariamente a quanto avveniva con i rabbini del suo tempo, Gesù non si fa scegliere, ma sceglie i discepoli e pone loro condizioni tutt'altro che scontate...
Un Maestro risoluto
Le condizioni per diventare discepoli di Gesù sono motivate dal livello della sfida: egli vuole discepoli disposti a mettersi in gioco totalmente, non soltanto nel momento mistico della vita.
La pagina di oggi è introdotta dal fatto che Gesù risolutamente s'incammina verso Gerusalemme, luogo dove l'annuncio del Vangelo verrà messo alla prova.
Gesù indurisce il volto, assume pienamente la sfida: si incammina senza indugio verso la città che uccide i profeti, che massacra ogni opinione, che annienta ogni novità creduta pericolosa.
Gesù è disposto a morire per raccontare il vero volto di Dio.
Dai suoi discepoli pretende la stessa convinzione.
Attenti ai mistici
Non basta una bella esperienza di fede per avere un cuore convertito, né un'intensa vita di preghiera per non cadere nel rischio del fanatismo e dell'intolleranza.
Quante volte misuriamo la nostra pastorale dai risultati, convinti - in teoria - che ciò che a noi è chiesto è solo di seminare, depressi - in realtà - se non ne raccogliamo i frutti.
Animo, fratelli sacerdoti, se il vostro sforzo non è apprezzato e capito.
Coraggio, educatori e catechisti, se il vostro servizio umile e fedele non è valorizzato.
La logica del Regno ci fa credere che Dio solo suscita la fede. Il discepolo dimora nella pace, perché sa che è il Maestro che annuncia e conosce, e noi a corrergli dietro...
Altri errori
Il Maestro Gesù non ha dove posare il capo, non ha un comodo nido in cui nascondere i propri discepoli.
Il discepolo vive l'amore, ogni amore, i rapporti, ogni rapporto, come un riflesso adulto e maturo dell'amore che Dio riversa nel proprio cuore, sapendo che anche i rapporti famigliari rischiano di diventare mortiferi, se cadono nella trappola del ruolo senza nutrirsi dell'autenticità e del rispetto.
Non basta avere generato un bambino per essere padre, non basta allattare un neonato per essere madre. Gesù sa che i rapporti di discepolato, talora, sono più intensi e veri degli stanchi rapporti famigliari. E ci invita a lasciare i morti seppellire i morti e a giocare la nostra vita nella totalità del dono di sé.
Il discepolo che segue Gesù, sempre proteso al futuro, non resta inchiodato al proprio passato, non resta tassellato alle proprie abitudini, non si nasconde dietro il "si è sempre fatto così", guarda avanti, punta la fine del campo, è più attento a tenere in profondità l'aratro che a verificare ciò che ha fatto, voltandosi indietro. Troppe volte le nostre comunità sono più preoccupate a conservare, che a far vivere il Vangelo. Troppe volte la logica soggiacente alle nostre scelte di Chiesa è quella della tutela di un privilegio, del mantenimento disperato di uno status quo che, però ci allontana dal Maestro.
Inquietante, vero?
Gesù non ci dice queste cose per scoraggiarci, tutt'altro.
Vuole verità, autenticità, persone disposte a mettersi a nudo di fronte all'assoluto di Dio.
È così esigente perché vuole uomini e donne autentici, non animali impauriti da sacrestia o evangelizzatori fanatici. Uomini e donne riempiti dalla gioia della ricerca, dal fascino del Rabbì, che mettono le proprie energie a servizio del Regno.
Lo seguiremo?